Le "tre tavolette" della crisi di governo
di Paolo Lingua
Ma la presunta crisi di governo è uno scontro radicale oppure è un gioco delle “tre tavolette”? Elementi di contrasto tra i partiti che attualmente “reggono” il governo non solo ne esistono, ma ce ne sono sempre stati. Come molti osservatori specialisti hanno osservato non è stato facile per il Pd “reggere” un accordo con il M5s che è cresciuto nella prima fase della sua esistenza in durissima polemica con il Pd e con gran parte della sua dirigenza. Un disaccordo che in questa fase di alleanza nel cosiddetto “Conte-bis” il Pd ha “ingoiato” pur di restare al governo, ma che adesso è risorta con lo scontro realizzato da Renzi nei confronti del premier Conte sul tema-chiave dei contenuti del Recovery Fund.
Una prima domanda sorge immediata: Renzi vuole davvero la crisi e la nascita di un nuovo governo, magari con un diverso presidente? La risposta è difficile e ardua anche se, sul piano pratico, salvo soprese la avremo nel volgere di pochi giorni. Un nuovo governo con un altro presidente o un Conte-ter non sono soluzioni semplici, anche perché occorre alla fin dei conti arrivare a un accordo a quattro (Pd, Italia Viva, Leu e M5s) tutt’altro che facile, in un clima di fughe e di micro-scissioni. Ancor più improbabile l’avvio di una crisi che porti al voto entro giugno se non prima. Il voto sarebbe un disastro per gli attuali partiti della maggioranza: il M5s e i renziani andrebbero comunque, un po’ per il crollo di consensi e un po’ per l’assurdo taglio del numero dei parlamentari, al disastro perdendo non meno dei tre quarti )o anche più) dei loro rappresentati alla Camera e al Senato. Una sorte, anche più tragica, che toccherebbe a Leu.
Come percentuale forse si salverebbe solo il Pd che però sarebbe confinato all’opposizione. Nell’attuale contrasto di governo ci sono quindi elementi suicidi che sono per molti aspetti impraticabili. Ma, al tempo stesso, non è chiaro dove si voglia arrivare. Non è neppure semplice la radiografia della situazione politica, anche perché l’Italia, come del resto quasi tutte le democrazie occidentali, è condizionata dalla gravissima situazione determinata dagli effetti del coronavirus che non accenna, per ora, a diminuire l’indice dei suoi contagi.
Un Paese in allarme pandemia non è facilmente riconducibile ai tradizionali contrasti tra i partiti e una campagna elettorale in primavera-estate appare assurda anche per la difficoltà concreta di riunioni organizzative e movimenti di opinione pubblica. Una crisi politica e una relativa campagna elettorale avrebbero un senso in un contrasto di pandemia quasi sparita, indipendentemente dagli schieramenti o dalle alleanze. Detto questo, non è ancora comprensibile quale potrebbe essere il punto del compromesso “onorevole” tra le parti in causa. Ci sono due aspetti del contendere che ancora sono sotto i riflettori ma non mettono in evidenza le possibili soluzioni: il primo è la genericità dei contenuti del Recovery Fund del governo. Enunciare infatti come temi fondamentali la scuola, il ruolo delle donne e la economia digitale e green è certamente importante, ma si tratta di argomenti senza reali contenuti operativi. Su questo Renzi può avere ragione, così come ce l’ha sull’impiego del Mes, ma non si riesce a collegare una reale alternativa.
E, poi, Renzi se la sente di far saltare governo e parlamento se le cose andranno male, alla fine dei conti? Quanto è elastica la corda che viene attualmente tirata? E, volendo fare un quadro generale dell’intero panorama politico italiano, alla fin dei conti quanto è convinto il centrodestra di andare alle elezioni, puntando alla vittoria, ma contestualmente min questo caso alla gestione d’un Paese in mezzo alla pandemia e in piena crisi economica? Viviamo in un momento difficile e contraddittorio: i temi di polemica (c’entrano i contenuti del Recovery Fund dove i contrasti sono maggiori rispetto all’apparenza) meriterebbe tempi più lunghi di confronto, se non fosse che Conte non ha fatto che procrastinare e generalizzare. Ce la dovremo vedere, a quel che pare, in pochi giorni. Ma a questo punto Renzi dovrà giocare a carte scoperte, considerato che preme spregiudicatamente ma ha l’autentico terrore di andare alle elezioni.
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