Le prospettive del porto di Genova dopo le "concentrazioni"
di Paolo Lingua
In tempi relativamente stretti sapremo se Paolo Emilio Signorini sarà confermato presidente del sistema portuale Genova-Savona per un nuovo mandato. Manca ancora il “placet” del ministero dei traporti e l’assenso formale (scontato) della Regione Liguria. Dopo diverse illazioni sembra che si punti ormai al bis e Signorini, gestore prudente e arroccato agli approdi metaforici della “certezza del diritto”, dovrà affrontare uno scalo, in particolare quello genovese, che sta assumendo nuovi assetti imprenditoriali, mettendo a punto nuove strategie di crescita.
Il porto di Genova (ma anche l’asse con Savona) dovrà uscire nei prossimi mesi dall’assedio della comunicazione da mesi “strozzata” con le operazioni di restauro delle autostrade, i ritardi e i limiti ferroviari per non parlare della questione e del nuovo ponte San Giorgio che a giorni dovrebbe tornare a funzionare dopo due anni di stop forzato. Ma, al di là dell’assedio dei trasporti e della comunicazione e tenendo presenti gli impegni per importanti e determinanti opere pubbliche strettamente legate alla funzionalità dello scalo di cui tanto si è parlato negli ultimi mesi (Ponte Parodi, Hennebique, attracchi crocieristici e in particolare ribaltamento a mare della Fincantieri e spostamento della Diga Foranea), ci sono aspetti economici estremamente delicati (anche nell’ambito della diplomazia interna) da affrontare.
Il riferimento è ovvio: a giorni decolla, a livello istituzionale, dopo il parere favorevole dell’avvocatura dello Stato a livello ministeriale, la cosiddetta “fusione” tra il terminal Sech all’interno dello scalo sampierdarenese e il Psa di Voltri-Prà. Mesi fa, l’annuncio di questa complessa fusione che riguarda in particolare il traffico container di cui diverrebbe, proprio nel contesto della vita portuale, un potente monopolio. Proprio per questo tipo di preoccupazione, il presidente Signorini aveva chiesto, prima di assumere qualsiasi decisione, il parere dell’Avvocatura dello Stato. Anche perché tra gli operatori dello scalo (dal gruppo Spinelli ai Messina e sino alla Msc) erano insorti dubbi e diffidenze.
Ora, dopo gli ultimi passaggi, la situazione interna tra i big dello scalo appare assai più tranquilla. I pericoli di concorrenza si sono minimizzati oppure sono intervenute precisazioni in via riservata tra gli imprenditori? Non va dimenticato che si è di fatto realizzata, nelle scorse settimane, una nuova concentrazione imprenditoriale con importanti effetti operativi che valuteremo nel prossimo futuro: ovvero l’accordo tra il gruppo Messina e la Msc di Aponte (quest’ultima ha acquisito il 49% dell’altra impresa). Per certi aspetti è un altro passo verso un fenomeno di concentrazione e di accentramento di poteri nello scalo. Le due vicende meritano una riflessione al livello macroeconomico. E’ evidente che oggi, con la globalizzazione dell’economia i piccoli, anche le cosiddette eccellenze, hanno difficoltà a muoversi per via d’una concorrenza che, per forza di cose, assume dimensioni e caratteristiche differenti.
Per reggere sul mercato sono necessarie location, sistemi di trasporti, depositi e rapidità di comunicazione in funzione della dimensione merceologica. E’ un ragionamento per molti aspetti “obbligato” che vale sia per il mercato crocieristico e dei traghetti, così come, a maggior ragione, per il traffico container. Oggi è assai difficile, per non dire impossibile, far ricorso, anche politicamente in un certo senso, a principi che hanno strutturato da oltre un secolo e mezzo l’economia classica giocata su equilibri da mantenere comunque e dovunque. L’economia globale è, per molti aspetti, paradossalmente “senza regole” per la conquista di fatto dei mercati, anche perché con la cosiddetta “terziarizzazione” della produzione è difficile anche per i governi tenere saldamente in pugno le redini della movimentazione. Le vicende recenti di Genova renderanno per forza di cose più attenta la gestione del secondo mandato del presidente Signorini perché altri eventi simili potranno verificarsi. L’economia è sempre stata in trasformazione (anche per via della tecnologia), soltanto che oggi le trasformazioni sono più veloci. Anzi, vorticose.
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