Le future incertezze del governo
di Paolo Lingua
La situazione politica italiana è ormai caratterizzata dalla fragilità dei progetti e degli uomini (un discorso che vale per tutti gli schieramenti). E’ una realtà di fatto che è cominciata venticinque anni fa, dopo il crollo della cosiddetta Prima Repubblica: né Berlusconi, né i leaders della sinistra (da D’Alema a Prodi) sono riusciti a fornire assetti solidi, ma hanno marciato tra contraddizioni e oscillazioni. E crisi grandi e piccole. Poi c’è stato il volo di Matteo Renzi: all’inizio sfolgorante, poi crollato paurosamente con il secco “no” a un referendum costituzionale che poteva essere frutto d’una linea comune tra tutte le forze politiche, ma che per una sbandata personalistica del leader è costata una pesante sconfitta elettorale del centrosinistra. Poi c’è stato il successo del M5s partito ormai in netto declino e che sopravvive con l’alleanza faticosa con il Pd a reggere il governo Conte.
Cosa accadrà nei prossimi mesi è difficile, se non impossibile, prevedere data la fragilità del governo che ha, alla fin dei conti, la sua forza maggiore proprio nella pandemia (un paradosso oltremodo realistico): una condizione che rende ardua una trasformazione radicale di maggioranze e strategie, con un parlamento che , per via del taglio dei deputati e dei senatori e per il prossimo scattare del “semestre bianco” , è poco incline ad andare al voto. Senza contare che, per via della diffusione del coronavirus, non sembra agevole dar vita a una campagna elettorale e all’organizzazione del voto. In questi due giorni d’inizio settimana l’esito della fiducia al governo è (quasi: il dubbio è sempre necessario in queste circostanze) scontato. Maggioranza assoluta alla Camera e maggioranza relativa al Senato, anche perché Italia Viva, alla fin dei conti, si asterrà.
Conte forse non si dovrà dimettere per dar luogo a una crisi istituzionale (che non piace neppure al presidente della Repubblica Mattarella), ma è indubbio che quella che sarà la “nuova maggioranza” apparirà sempre più fragile e si dovrà barcamenare con affanno, considerato che le difficoltà dell’esecutivo hanno rafforzato il centrodestra che ormai punta, al di là delle dichiarazioni sfumate, in particolare sulle elezioni, considerato che i sondaggi, sia pure da prendere come sempre con beneficio d’inventario, danni vincente lo schieramento Salvini-Meloni-Berlusconi e alleati centristi. E’ proprio questa prospettiva che ha frenato il possibile appoggio dell’UDC a Conte. Senza contare che soprattutto i piccoli partiti aspettano in ansia che sia messa a punto una legge elettorale proporzionale che permetta loro una presenza in Parlamento. Ma, al di là dei giochi dei numeri, le problematiche maggiori che aspettano il governo, oltre a tutte le questioni che riguardano l’organizzazione ospedaliera e una spedita azioni di vaccinazione della popolazione, riguardano la ripresa economica. Che, in larga parte dipenderà da come saranno impiegati i finanziamenti (in parte prestito, in parte a fondo perduto) del Recovery Fund. I contenuti del piano da presentare all’Europa sono stati uno degli argomenti di maggior spessore che hanno dato vita alla frattura tra Renzi e Conte. La prima versione – e qui aveva ragione Renzi – era generica, vaga e confusa.
La seconda stesura si è arricchita in maniera sostanziosa, ma Renzi, anche per il caparbio e incomprensibile “no” al Mes da parte del M5s, ha insistito ancora e ha deciso l’uscita dal governo degli esponenti del suo partito, andando alla rottura, anche se, per il momento, nelle votazioni ha optato per l’astensione. Ci sarà un possibile recupero? Tutte le opzioni sono possibili, anche se Renzi sembra in netto contrasto con il Pd e con i grillini. Ma va aggiunto, anche dalle ultime dichiarazioni dei vertici del Pd, che la convivenza con il M5s è dettata dalla necessità del momento e dalla mancanza di alternative, perché i due partiti non sono omologhi su molti punti: e qui ci sono non poche radici della difficoltà di Conte di stendere un piano organico del Recovery. Si oscilla tra gli investimenti delle grandi opere per favorire la ripresa quando sarà finita la pandemia e una massa di provvedimenti di tipo assistenziale, la linea preferita dai grillini. Il Pd sarebbe per la prima opzione strategica ma vuole evitare, a denti stretti, la rottura che porterebbe alle elezioni. In questo futuro di contraddizio0ni si avvia il governo.
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