La storia infinita (alla genovese) dei depositi costieri
di Paolo Lingua
L’architetto Stefano Boeri, che ha vinto con il suo progetto la realizzazione del parco che dovrà nascere sotto il nuovo ponte in via di ricostruzione, ha detto, senza troppi peli sulla lingua, di nutrire forti dubbi sulla fattibilità, anche in chiave urbanistica e di sicurezza ambientale, del trasferimento dei depositi petroliferi costieri di Multedo alla foce del Polcevera. Gli argomenti a questo proposito non mancano, anche se la proposta del trasferimento degli impianti della Superba e della Carmagnani, venuta dai vertici portuali, non è ancora articolata in dettaglio, con un progetto preciso e una previsione di tempi e di spesa. Si tratta di un ennesimo “lancio” di un progetto, tutto da mettere a punto. La storia, interminabile e per certi aspetti grottesca, della situazione die depositi di Multedo, sfiora il teatro, a dirla tutta. Da sempre si discute sulla difficile convivenza tra centri abitativi e depositi petroliferi, in particolare dopo l’incidente (con qualche vittima) di molti lustri fa. Ci sarebbe tanto da dire, a cominciare dalla considerazione che i depositi, quando vennero realizzati prima della guerra non erano circondati da abitazione che, in gran parte, si sono aggiunte via via negli anni del boom economico. Ma questo è un altro tipo di discorso.
Nell’ultimo decennio il tema del trasferimento – che ha certamente molte buone e fondate ragioni – ha avuto non poche puntate degne di un romanzo popolare. Si era avanzata l’ipotesi d’una trasferimento sotto la Lanterna, tema avversato da aziende di natura differente e di interessi diversi, operanti nella zona, ma erano sorte proteste da parte di associazioni e di comitati di residenti nei quartieri alle spalle della Lanterne, preoccupati dei potenziali pericoli che potessero sorgere. Una diversa soluzione, che vedeva i depositi spostati su aree ex Italsider, aveva provocato simili opposizioni. In egual misura erano sorte opposizione nei confronti d’un trasferimenti sulla diga di Prà, nei pressi del Vte. Così, dopo discussioni tutte rimaste appese in aria perché non esisteva un progetto concreto, i depositi della Superba e della Carmagnani sono rimasti nelle loro storica posizione.
Sino a che, solo poche settimane fa, ha fatto capolino la nuova soluzione, che però ha trovato la severa bacchettatura da parte dell’autorevole architetto Stefano Boeri, l’uomo che a Milano, in chiave ecologica, ha inventato il grattacielo noto come “bosco verticale” che gli ha dato una singolare notorietà in un momento epocale in cui tutto il mondo tifa per il “green”. C’è poco da fare e da commentare. Si dovrà ricominciare da principio a ragionare e a individuare aree e spazi idonei. Cosa non semplice se si vuole rimanere, più o meno, nell’area di Genova, considerato che le imprese di Multedo non sembrano inclini, anche per i traffici di idrocarburi che a loro interessano, a spostarsi troppo lontano dallo scalo di Genova, dove però spazi ed edifici sono contigui e compressi e dove si profilano altri progetti e altre trasformazioni edilizie e recettive. Oggi, per lo sviluppo del porto, c’è molta carne al fuoco. I punti cruciali sono lo spostamento a mare della diga foranea per consentire l’arrivo (con il dragaggio dei fondali) di navi passeggeri e merci di ultima generazione .il ribaltamento a mare della Fincantieri, il potenziamento delle Riparazioni Navali e i nuovi approccio che dovrebbero venire dalle ristrutturazioni dell’area Hennebique e del Ponte Parodi. Ci sono poi gli assestamenti collegati al riassetto dell’area fieristica sulla base del Waterfront di Levante, collegato al disegno di Renzo Piano. Sembrano scelte destinate a procedere, si spera con una certa speditezza. Resta aperta la discussione sui depositi petroliferi. Ma è probabile che la discussione vada avanti negli anni.
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