La ripartenza dei ristoratori: "Riaprire così non conviene: troppi costi e troppi rischi"

di Marco Innocenti

L'appello sconsolato di Andrea, titolare del ristorante "La Cava" di Sestri Ponente

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"Proveremo con l'asporto ma se non funziona, l'unica alternativa sarà la chiusura". E' l'appello sconsolato di Andrea, titolare del ristorante "La Cava" di via Chiaravagna a Sestri Ponente. Il suo locale oggi è un cantiere aperto, con l'aiuto di tutta la famiglia stanno provando a riorganizzare la loro vita professionale, letteralmente ribaltata dall'emergenza coronavirus. "Qui nel weekend facevamo 60/70 coperti e oggi, se dovessimo attuare i protocolli, ne potremmo fare 20, forse 25. E come fai a far quadrare i conti con questi numeri? Noi eravamo aperti anche a pranzo, con un menu a prezzo fisso di 10 euro per operai e lavoratori della zona. Adesso però non converrebbe nemmeno perché fra costi di sanificazione, attrezzature monouso, spazi distanziati fra i tavoli e i commensali, non riusciremmo nemmeno a rifarci delle spese. Terremo aperto per rimetterci e ha senso".

E allora ecco la scelta (che poi tanto scelta non lo è, visto che un'alternativa non c'è): riaprire solo da asporto. "Non l'abbiamo mai fatto finora - confessa - Proviamo anche questa ma si tratta più che altro di una misura temporanea, nella speranza che in un futuro prossimo si possa tornare alla normalità. Ci siamo seduti al tavolo con il mio socio e abbiamo fatto i nostri conti. Abbiamo anche soppesato l'aspetto giuridico perché se uno dei clienti o dei dipendenti si ammalasse, saremmo anche responsabili penalmente. Per questo abbiamo deciso che era un rischio troppo grande da correre e abbiamo scelto di non riaprire al pubblico".