La riflessione: il genovese, una lingua politicamente scorretta

di Gilberto Volpara

2 min, 36 sec

L'opinione del professor Franco Bampi, presenza fissa di Scignoria! su Telenord

La riflessione: il genovese, una lingua politicamente scorretta

Franca Lai, mito della canzone genovese, enuncia una barzelletta – peraltro suo storico cavallo di battaglia – che si prende gioco delle persone affette da nanismo. Nessuno grida all’intolleranza. Parla la storia personale della cantante che, peraltro, nel suo quel linguaggio colorito trova, pure, il tempo per autodefinirsi sorella di una vacca che sta passando in onda: “Anzi, lei è più stiggia di me” dichiara in genovese. Alla faccia dell’orgoglio femminile.

 

Un ragazzo venuto da lontano racconta in diretta che il suo storico datore di lavoro l’ha etichettato, fin da subito, come Ruben O Moo. Già, Ruben il Moro con riferimento al colore della sua pelle. E lui di quel soprannome ne è sempre stato, quasi, orgoglioso. Mai l’ha visto come una forma di razzismo. Anzi, da lì ha trovato impulso per imparare la lingua ancora praticata in fabbrica, appunto, il genovese.

 

La comicità di umoristi ai vertici italiani, ma con il cuore sotto la Lanterna, i proverbi o i modi di dire declinati da tanti ospiti del giovedì sera a Scignoria!, su Telenord, rendono spontanea una riflessione. 

 

Ma il genovese è una lingua misogina, politicamente scorretta e maleducata?

 

Probabilmente, a fare la differenza vera, sono sempre i dettagli: come e perché. Premesso che educazione, rispetto ed eleganza non abbiamo idioma e ciascuno può giudicare in base alla propria sensibilità, al genovese viene consentito tutto o quasi?

 

La domanda trova risposta nel riferimento, per eccellenza, della lingua locale: il professor Franco Bampi.

 

Nella sua analisi, anche, una via d’uscita pro domo sua. Anzi pro Genova:

 

“Oggi l’Italia è invasa dal politicamente corretto, dal sessismo, dal bodyshaming. Insomma, non appena fai una battuta qualunque, anche la più ingenua, c’è il solito “so tutto io” pronto con la sua feroce quanto stupida critica. Stranamente, però, se la battuta la fai in genovese o se citi un proverbio genovese, la cosa sembra più tollerata.

 

Nella trasmissione “Scignoria!”, io, ho sempre detto qualunque cosa mi sembrasse da dire e ho letto vari proverbi che ho definito “politicamente scorretti” senza suscitare nessuna reazione. Una possibile spiegazione potrebbe essere da ricercare nel fatto che l’italiano è lingua di comunicazione (in realtà sempre meno perché è invaso dall’occupante lingua inglese) e, come tale, è soggetto a tutti i cambiamenti linguistici: dalla Crusca che accetta l’uso transitivo dei verbi intransitivi fino a un controllo sociale della parlata per arrivare al politicamente corretto. Il genovese è sempre meno lingua di comunicazione, quindi, per sua natura, tende a conservare più a lungo dell’italiano.

 

A fine Ottocento la liquirizia era detta anche regolizia: oggi l’italiano l’ha dimenticata mentre il genovese, ancora, la conserva. Per questo, le cose dette in genovese, anche le più invereconde, non suonano politicamente scorrette. Insomma, in genovese possiamo dire quello che ci pare. Un buon motivo per parlarlo”.

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