La posizione irrazionale (e pericolosa) dei no vax
di Paolo Lingua
Tra quelli che lo dichiarano palesemente e quelli che di fatto tacciono ma di fatto tengono duro, il popolo dei cosiddetti “no vax” è più numeroso di quanto non appaia. Basta la verifica statistica che sta emergendo in questi giorni. La percentuale di chi non vuole il vaccino è più alta di quanto non si possa immaginare. E’ vero che la metà della popolazione italiana è ormai piuttosto al sicuro con il doppio vaccino, ma è un obiettivo positivo ma lontano dall’essere ottimale, perché occorrerà arrivare a quota tre quarti. Ci vogliono ancora 13 – 14 milioni di cittadini per raggiungere la quota che dovrebbe dare la cosiddetta “immunità di gregge”. Solo così si potrà arginare la ripresa della diffusione della pandemia, frutto del virus “Delta” e di molti gravi errori di questi giorni, dagli assembramenti per gli europei di calcio sino agli errori di superficialità di entusiasmo collettivo per il clima di libertà conseguenza della stagione estiva e vacanziera.
Ora siamo ancora al conto alla rovescia per capire e mettere a fuoco le decisioni che il Governo, insieme a un difficile dialogo con le Regioni (sentite soprattutto le autorità sanitarie), dovrà varare equilibrando le esigenze di libertà e gli interessi economici peculiari della stagione estiva con l’impellente problematica di bloccare la crescita dei contagi che si sta manifestando. La questione dell’impiego del “green pass” è di primaria importanza perché dovrebbe avere lo scopo di regolamentare gli accessi alle manifestazioni sportive e di spettacolo di massa, oltre che tenere sotto controllo cinema, teatri e discoteche, per non parlare di arrivi e partenze da e per Paesi dove l’indice di diffusione del virus è in crescendo e dove sono più lasche le restrizioni. Indubbiamente appare più complesso, per non dire eccessivo, l’obbligo del documento nei bar e nei ristoranti all’aperto (mentre potrebbe servire per i locali al chiuso). La problematica, almeno nelle intenzioni dell’interesse pubblico, è di non mescolare cittadini immunizzati e no, in particolare i cosiddetti “no vax”. Tra l’altro, proprio in questi giorni, sono stati riscontrati non pochi casi di ospedalizzati dichiaratamente “no vax” .
E’ indubbio che non è accettabile che ci sia personale addetto a qualunque servizio pubblico (ospedali, luoghi di assistenza, scuole ma anche pubblici esercizi) che non sia vaccinato o che comunque rifiuti la somministrazione. In questa chiave sono obiettivamente apparse ragionevoli per posizioni pragmatica e non assolutista del presidente della regione Liguria, Giovanni Toti che si è dichiarato favorevole all’impiego del “green pass” in molti casi, senza cadere nell’eccesso. E hanno torto coloro i quali si sono scagliati contro di lui definendolo “dittatore” sui social. Una polemica gratuita e prima di senso, frutto di pregiudizi assurdi che però, proprio in questo momento particolare, sono profondamente nocivi alla salute pubblica. Tanto è vero che la stessa Corte Costituzionale sembra ormai incline a ritenere giuridicamente corretta la richiesta di obbligo vaccinale per che esercita un servizio pubblico. Al di là dei casi specifici delle strutture sanitarie e assistenziali, appare sempre più evidente l’esigenza della scuola.
Ci sono crisi, minacce di abbandono degli studi da parte di giovani che non hanno retto al vivere la scuola da casa, un problema che ha coinvolto anche l’università. Professori, personale assistente, studenti devono vaccinarsi se vogliono riprendere un normale corso di studi. Non ci sono margini di mediazione arrivati a questo punto. E non possiamo condizionare in modo negativo una intera fascia generazionale. Vedremo adesso come ci si muoverà al livello di governo, perché sarà necessario operare una sintesi che non dovrà essere frutto di mediazioni politiche o di sapore elettorale. La questione è assai più grave e non si può risolvere all’insegna di “spot” o di battute da inserire sui social.
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