La lenta marcia della metropolitana di Genova
di Paolo Lingua
2 min, 45 sec
Il Punto di Paolo Lingua
Quando venne inaugurata oltre vent’anni fa, venne definita la “metropolitana più corta del mondo”. La metropolitana di Genova infatti partiva da piazza Brin a Certosa e arrivava alla stazione di Principe. Poi, con il tempo, si arrivò a Palazzo San Giorgio successivamente a Sarzano e infine in piazza De Ferrari.
L’ultima tappa è stata nel 2012 quando venne raggiunta la stazione di Brignole. Si avanzava quasi a palmi nei primi anni della costruzione, anche se furono recuperate importanti gallerie poi abbandonate dalle tramvie e dai treni, perché venne, scavando, trovata a pochi metri l’acqua del mare.
Il “metrò” è un mezzo di comunicazione moderno ed efficiente: ci sono città che sono decollate con questo sistema rivoluzionario di spostamenti sin dagli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo. In Italia ha avuto minor fortuna, basterebbe pensare alle infinite difficoltà in cui versa ancora a Roma, che pure è una città tra traffico automobilistico impossibile e con un disastroso sistema di spostamento in superficie sia pubblico, sia privato. Invece funziona benissimo a Milano che è città di respiro europeo.
Genova è arrivata tardi, anche se, pur con tutti i problemi orografici di cui soffre (oltre la questione della presenza dell’acqua o dai dislivelli dei quartieri), con fatica, anche perché dalla fine degli anni Ottanta a oggi, anche sul piano politico e amministrativo, è stata caratterizzata da una serie di “stop and go” e dal solito gioco dei veti incrociati.
Ora, con finanziamenti da parte dello Stato e altri interventi, sembra che sia possibile entro la fine del 2019 arrivare alla definizione di due progetti di prolungamento. Anche in questi due casi va tenuto conto che i percorsi guadagnati non sono eccessivi. Si parla infatti di partire da Brin per agganciare via Canepari per quel che riguarda il troncone della Val Polcevera. Invece da Brignole si arriverebbe in piazza Martinez coprendo la prima parte della Val Bisagno nella parte di Marassi.
Ci vorrà qualche anno se tutto andrà liscio e filato, anche perché sono in corso, proprio in Val Bisagno, i lavori di messa in sicurezza del maggior torrente e dei suoi pericolosi affluenti. Non sono tracciati che rivoluzioneranno il servizio di trasporto pubblico, ma sono approcco positivi, considerato che da parte del Comune e dell’Amt si è deciso, a quanto pare, di non ripristinare le tramvie soppresse oltre mezzo secolo fa.
La scelta di superficie punta al potenziamento dei filobus per diminuire l’inquinamento atmosferico recuperando l’energia elettrica. Il ripristino delle rotaie per le strade genovesi sembra un problema complesso, anche perché è difficile riadattarle ai percorsi in salita. L’avvenire comunque sarebbe il potenziamento in crescendo del sistema “metrò” perché si potrebbero completare i tracciati lungo tutto il ponente, la Val Polcevera e la Val Bisagno, per non parlare della possibilità di arrivare sino a Nervi. Per certe ipotesi di percorso sarebbe interessante interfacciare la metropolitana con alcune linee ferroviarie abbandonate o comunque poco sfruttate.
Mentre decolla la ricostruzione del Ponte Morandi e si aprono, per necessità di cose, strade mai sfruttate sino a oggi, si profila per il prossimo decennio (e anche ventennio) una profonda rivoluzione del traffico in una città che verrebbe facile definire aspra e scontrosa e dai passaggi stretti per natura. Ma occorre operare con concretezza, speditamente, senza troppi intoppi burocratici. E’ una corsa – in “metrò” – contro il tempo.
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