La finanza europea e il dietrofront della Bce
di Paolo Lingua
Hanno capito (o subito) la svolta impressa con terribile forza dal coronavirus i governi che erano partiti su posizioni più scettiche (Francia e Germania, ma ora persino l’Inghilterra); ma soprattutto ha fatto dietrofront la Bce, probabilmente grazie ai vertici dell’istituto che hanno di fatto – e lo si è capito indirettamente dalle dichiarazioni dei giorni scorsi – imposto un radicale dietrofront alla presidente Christine Lagarde, dopo la storica “gaffe” dei giorni scorsi. Francia e Germania hanno annunciato, oltre che alle strette sui comportamenti e sulle realtà economiche e sociali, massicci investimenti per arginare la crisi economica che ormai attanaglia anche i cosiddetti “Stati forti e ricchi”, seguiti dalla Spagna. Alla fine dei conti, con tutti i suoi limiti e i suoi “stop and go”, il modello Italia ha fatto scuola.
Ma, al di là d’ogni osservazione, è da Francoforte che è venuta la ventata tanto attesa. La Bce, con una Lagarde obiettivamente in crisi d’immagine e quindi silenziosa, ha varato un piano di aiuti finanziari per l?Ue di 750 miliardi. L’obiettivo è contenere l’indice degli interessi sui prestiti, ma in particolare la vistosa somma servirà ad acquistare quantitativi massicci di titoli di stato per contenerne la crescita degli interessi, conseguenza costante (lo abbiamo provato negli Anni Novanta in particolare, quando ancora c’era la lira) della minaccia di inflazione vertiginosa, che è il rischio maggiore per la perdita assoluta del potere d’acquisto della moneta unica. In questo contesto, a quanto si dice, anche se lo verificherà con più chiarezza nei prossimi giorni, forse sarà concesso all’Italia di sforare il rapporto debito pubblico – Pil del 3%, quando ancora una o due settimane fa non si andava, nelle previsioni, oltre al 2,6%, come sforzo massimo.
Questi provvedimenti che sono rivolti a consentire poi, con un sistema creditizio agevolato, a dare respiro alle imprese costrette a chiudere o comunque a ridurre sensibilmente la produzione e quindi di fatto bloccare la crescita economica, sembrano di fatto l’unica soluzione concreta in questo momento di crisi assoluta che sta coinvolgendo l’Europa. Tutte le informazioni, dirette e indirette, ufficiali e ufficiose, indicano che in Italia, nel volgere dei prossimi sette-otto giorni dovremmo arrivare al “picco” del coronavirus. Non a caso aumentano i contagiati e i deceduti. Per questo le restrizioni e le chiusure saranno prolungate quasi certamente oltre le festività pasquali. Ma potrebbero essere messe in campo restrizioni ulteriori sui movimenti dei cittadini, visto che resistono ancora, assurdamente, fasce di minoranza – sia al Nord sia al Sud del Paese – che non rispettano regole di prudenza e di attenzione.
Questo rende complesse anche eventuali norme – ancora tutte da stabilire – quando si deciderà, per il calo netto dei contagi, di allentare la morse dei divieti. Si teme una sorta di reazione irrazionale di euforia che potrebbe prtare la conseguenza più assurda, ovvero un rialzo dell’infezione. Tutto questo continua e continuerà a incidere sull’economia. Stiamo assistendo a un rientro nei porti delle navi da crociera di fatto bloccate. Restano chiusi alberghi e località turistiche, perché nessuno intende muoversi per la stagione cosiddetta primaverile. Ma ci sono molti settori produttivi bloccati, come quello del comparto automobilistico e in generale di tutti i generi dei motori. E’ ridimensionata la produzione in molti stabilimenti ma sono quasi ferme le ordinazioni di nuove vetture. Sono ferme le industrie degli accessori e in particolare della moda, settore di eccellenza. Ma è in crisi generale il settore agroalimentare e di conseguenza quello gastronomico. Si teme persino a una ripresa ritardata del turismo e persino della stagione balneare. C’è chi parla di stabilimenti riaperti a giugno o addirittura a luglio.
Ecco perché l’intervento della Bce, che ha ripreso in pieno la grande lezione di Mario Draghi, è determinante. Pagheremo tutti, inutile farsi illusioni, un prezzo pesante per il coronavirus. E anche la ripresa sarà tutta in salita perché si tratterà di rimettere insieme tanti cocci. Ma è l’unico percorso possibile e ragionevole. Forse alla fine del percorso ci ritroveremo diversi da come eravamo partiti. Un’altra lezione della Storia.
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