La favola e le lacrime di Martinez, la conferma di Gilardino, il ruolo di Spors
di Gessi Adamoli
4 min, 5 sec
Le favole di Natale fanno commuovere grandi e piccini, quella rossoblù ha per protagonista Josep Martinez Riera, ventiquattrenne portiere spagnolo di belle speranze cresciuto nella cantera del Barcellona. Ha 20 anni era titolare del Las Palmas, a 22 ha esordito in Nazionale ed è stato acquistato dal Red Bull Lipsia. Al Genoa è approdato in estate in cerca di rilancio dopo che nel club tedesco, chiuso da Gulacsi, il titolare della nazionale ungherese, aveva collezionato due sole presenze. Da quel momento la storia è nota, Martinez, dopo due anni in panchina, non aveva più l'abitudine alla partita, tensioni e stress di chi interpreta un ruolo dove non è ammesso sbagliare non sono allenabili. È incerto, non trasmette sicurezza né alla squadra e nemmeno ai tifosi. Blessin lo difende a spada tratta ma, complice un infortunio alla spalla rimediato a Terni, col Brescia fa giocare Semper che prende l'occasione al volo e sul campo si guadagna il posto da titolare. Ma alla vigilia di Natale succede che il portiere croato viene messo ko dall'influenza e non parte nemmeno per Bari. Ora è lo spagnolo ad avere un'opportunità da non perdere, ma fatalità vuole che il 26 anche Martinez si svegli con un febbrone da cavallo. Il termometro segna 39, ma non si tira indietro: “Tranquillo mister, gioco senza problemi...”. Sul gol di Cheddira probabilmente poteva uscire o quanto meno aiutare verbalmente Sabelli a non perdersi l'avversario che aveva alle spalle, ma al 93', sul colpo di testa ravvicinato dell'ex Salcedo, ha compiuto un intervento miracoloso che ha regalato al Genoa una vittoria importantissima e che può cambiare la sua carriera. Ha inchiodato la palla sulla linea, una parata che, come dagli studi di Telenord ha prontamente sottolineato Pastorino in Stadio Gol, ha ricordato quella prodigiosa di Zoff contro il Brasile.
Le sue lacrime liberatorie a fine partita, a conferma di quanto per lui devono essere stati difficili questi primi mesi in Italia, hanno commosso tutti i tifosi genoani, che, si sa, è gente un po' selvatica ma con grandissima umanità e sensibilità.
La vittoria di Bari ha sancito che è definitivamente terminato il periodo di emergenza, quello che coincideva con le quattro partite che andavano dall'esonero di Blessin alla sosta post natalizia. Di fatto, già dopo la vittoria sul Frosinone, Gilardino non andava più considerato un allenatore ad interim. La riconferma se l'è guadagnata sul campo: 10 punti in quattro partite, cinque gol segnati ed uno solo subito.
Avanti, dunque, con Gilardino che ha fatto le cose semplici come per esempio attaccare l'area avversaria con più giocatori e non solo con un unico terminale offensivo come accadeva col suo cocciuto predecessore. Poi ha certamente ragione Claudio Onofri quando sostiene che a dire come una squadra dovrebbe essere messa in campo sono capaci tutti, il difficile è poi fare in modo che si muova con sincronismi e automatismi definiti. Ed il Genoa di Gilardino ha una sua identità come ha dimostrato il primo gol: propiziato da Aramu, rifinito da Gudmundsson e finalizzato da Puscas. I tre attaccanti che finalmente giocano vicini e non a 20 metri l'uno dall'altro. Il giovane tecnico di Biella ha anche affrontato di petto il caso Coda che è l'ombra del bomber che sino all'anno scorso in serie B aveva sempre segnato caterve di reti. In attesa di capire se sia il caso di andare sul mercato per un uomo gol, ha voluto testare il piano B che aveva in casa e ha dato fiducia a Puscas per tutti i 90 minuti, mandando Coda in panchina. Gilardino ha poi confermato di saper leggere molto bene la partita. Nel finale, per blindare il risultato, è passato a 5-3-2 e non ha avuto paura di far debuttare sulla corsia di sinistra Boci (leva 2003, italo albanese nato a San Giovanni Valdarno ed ennesimo prodotto del vivaio rossoblù), usando l'accortezza di usarlo in una difesa a cinque in modo da non esporlo a particolari compiti difensivi proprio nel giorno del debutto e in uno stadio con 50 mila spettatori. Fortunatamente la stalla è stata chiusa quando i buoi non erano ancora scappati. Gli zero punti rimediati contro Perugia e Cittadella (dopo l'exploit di Marassi ha sempre perso) gridano vendetta, l'esonero di Blessin è stato tardivo, ma alla fine gli interessi del Genoa hanno fortunatamente prevalso sul puntiglio e l'orgoglio personale. A Bari in tribuna c'erano il presidente Zangrillo, l'ad Blazquez, il dg Ricciardella e il ds Ottolini. Mancava Spors che è impegnato su più fronti e non vivendo quotidianamente lo spogliatoio non può essere il direttore sportivo che fa da cuscinetto tra società e squadra. Il suo lavoro è poi un altro ovvero andare a caccia di giovani talenti. E può allora essere una risorsa preziosa a patto che si stabilisca con chiarezza il suo raggio di azione.
(foto Facebook Genoa Cfc)
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