La difficile navigazione della banca Carige

di Paolo Lingua

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La difficile navigazione della banca Carige

Non è facile la navigazione della Banca Carige. La stessa direzione ha comunicato che tra febbraio e giugno di quest’anno ha perduto quasi 98 milioni (nei primi 6 mesi del 2019 ne aveva perduti oltre 428). Inoltre, come del resto era stato annunciato, l verti hanno confermato che sono avviate le chiusure di 56 filiali in tutta Italia, di cui 25 in Liguria (7 a Genova). La banca riduce i suoi spazi, taglia dove può le perdite, prosegue con i prepensionamenti. Il piano era già stato messo a punto dal vecchio regime commissariale e ora viene attuato dalla nuova gestione. Nel contempo il clima che avvolge l’istituto, un tempo leader in Liguria e strumento collegato ai vertici di potere politico ed economico del territorio, non è ottimistico.

Anche le banche trentine che potevano, tempo addietro, assorbire la banca sembrano frenare. La Carige naviga a vista  in attesa di capire quale sarà il suo contesto e resta sempre fuori dalla Borsa, dopo il crollo di due anni fa del suo titolo. Anche se nessuno lo afferma con certezza e le informazioni sono sempre più vaghe e sfumate (nel quadro d’un sistema di comunicazione sempre più sfuggente), la realtà di cui nessuno vuole parlare è diversa. La banca è accerchiata da molte cause civili e penali: la prima è la richiesta mdi danni da parte del gruppo Malacalza che contesta le decisioni dei vecchi consigli commissariali che avrebbero – sempre secondo i Malacalza  ex azionisti di riferimento – provocato un danno di poco inferiore al mezzo miliardo. Poi ci sono le cause dei piccoli azionisti e, dalla procura di  Milano, un’azione penale che coinvolge la vecchia gestione.

D’altro canto, dopo la vicenda giudiziaria che ha visto i procedimenti a carico dell’ex presidente Giovanni Berneschi e d’una serie di realtà imprenditoriali e assicurative, si sono susseguii tre consigli d’amministrazione più il regime commissariale. La clientela è scesa, si sono persi tutti i collegamenti con il mondo politico e imprenditoriale e la banca sembra sempre più rimpicciolita e isolata. E’ indubbio che si attendono le soluzioni delle cause in corso oppure altre soluzioni esterne che potrebbero portare a profonde modificazioni di assetto e di ruolo, magari con soluzioni di compromesso e di accordo con i presunti creditori o danneggiati. Sulla base di recenti “voci” peraltro non  confermate non si escludono nuove azioni giudiziarie, sempre rivolte alle passate gestioni, che potrebbero rendere la situazione sempre più complessa. I punti interrogativi crescono e i dubbi si fanno pesanti. Ci sono gruppi finanziari o bancari come possibili acquirenti? Ci sono manovre per il momento molto segrete?

E queste manovre potrebbero essere connesse a possibili accordi con tutte le parti che richiedono presunti danni? Il mondo della banca e della finanza ì solito agire su fondali oscuri e non suonando le trombe in marcia. Anche perché coloro i quali hanno operato le azioni civili e penali sono chiusi nel più assoluto silenzio, come del resto è abbastanza logico.  La vicenda della Carige è una scacchiera sulla quale le pedine si muovono felpate e con estrema lentezza. L’intera vicenda di quella che fu sino alla metà degli anni Novanta del secolo scorso una sorta di “perla” dove ci centravano il potere economico e finanziario legati alle leadership storiche della Prima Repubblica è molto singolare. Giovanni Berneschi, erede tecnico più che politico, di quel mondo che non c’è più, ha retto quasi quindici anni, ma poi è stato travolto, anche se il suo primo processo è stato annullato ed è ripreso faticosamente a Milano, con un probabile esito in prescrizione.

Ma ormai anche Berneschi appartiene a un passato ormai sepolto. E’ stata confusa e contraddittoria la gestione degli ultimi dieci anni, perché è emerso che l’istituto era assai più affannato di quanto appariva. Ora occorre capire quanto durerà l’attuale stato di incertezza. Mesi o addirittura anni? Sono tanti, forse troppi, gli elementi determinanti interni ed esterni alla realtà. Troppi fili da annodare o congiungere. Nel frattempo si va avanti con i tagli e i ridimensionamenti.