La complicata vicenda dei vaccini
di Paolo Lingua
La gestione delle cose italiane di Mario Draghi, decollata nel segno dell’efficienza, ha subito, per malasorte e non per colpa, lo stop del vaccino AstraZeneca che, si spera, possa essere superato entro giovedì, dopo i controlli a livello italiano e a livello europeo, dal momento che sono molti gli stati che ne hanno bloccato l’applicazione. Bisognerà attendere analisi e valutazioni scientifiche, ma sarebbe molto importante capire esattamente quello che è successo dai controlli approfonditi di chi è stato colpito da gravi disturbi e dalle autopsie delle vittime. Per restare soltanto alle analisi di casa nostra, a tutt’oggi (ma il numero potrebbe crescere), solo in Liguria ci sono state oltre 700 disdette di vaccinandi che già avevano fissato gli appuntamenti. E’ scattata la diffidenza fin troppo prevedibile.
D’altro canto non è la prima volta che il vaccino AstraZeneca è al centro di discussioni, partite dal mondo medico e scientifico che non sempre è d’accordo e , sovente, provoca incertezze e titubanze tra la popolazione. Infatti il farmaco era stato al momento del suo decollo soltanto per i soggetti inferiori ai 55 anni. Poi il limite di età è stato alzato a 65 anni e poi sono saltati tutti i limiti, lasciando però la popolazione anziana molto dubbiosa e protesa a scegliere il Pfizer e il Moderna. Si presume comunque che un terzo della distribuzione dei vaccini sia destinata a saltare. La situazione generale, a essere sintesi, non induce all’ottimismo che, ogni ora diffonde il ministro della Salute, Speranza. Sono in pochi a credere che la popolazione italiana sarà vaccinata per i quattro quindi entro la fine di settembre e che si passi la metà per giugno.
I dubbi su una estate di vacanze e di riaperture si fanno sempre più densi perchè non è chiara ancora la disponibilità di rifornimenti, della distribuzione e dell’applicazione, anto è vero che ogni giorno che passa si annunciano nuove location dove fissare gli appuntamenti. Tutto l’insieme va troppo a rilento. Per non parlare della difficile condizione degli operatori sanitari. Solo in Liguria si sono vaccinati l’ 83% degli infermieri e il 94% dei medici. Ci sono segmenti, ma in numeri non trascurabili se si pensa alla crescita dell’impegno pubblico e civile in continuo crescendo. E sono già troppi i casi dove si sono sviluppate infezioni proprio dove non c’era personale vaccinato. E non è neppure semplice allontanare questi “negazionisti” (come chiamarli?) dal rapporto con gli assistiti perché il personale in tutti i settori scarseggia.
Ma non è neppure semplice emanare una legge di obbligo al vaccino perchè questo può essere fatto solo a livello nazionale (e non regionale) e perché ci sono rischi di incostituzionalità. La questione non è delle più semplici e risolvibili sul piano pratico e operativo. E, indubbiamente, la vicenda AstraZeneca rischia di complicare le cose. Purtroppo, per disporre di nuovi vaccini e di poterli approvvigionare, c’è stata troppa lentezza anche da parte dei potenziali produttori farmaceutici italiani che saranno in grado di operare tra sei-otto mesi. Tempi lunghi, perché la speranza di vaccinazioni di massa era di poter bloccare le infezioni e far scendere in maniera molto netta le ospedalizzazioni. Rispetto agli Stati Uniti e all’Inghilterra che hanno agito con il pragmatismo anglosassone, l’Europa, e quindi l’Italia, hanno marciato con la loro storica lentezza, aumentata anche grazie a tutti gli inceppi burocratici e legislativi che purtroppo ci caratterizzano. Ora c’è da sperare solo che tutti i chiarimenti che è giusto siano diffusi siano dati in tempi rapidi e senza informazioni contraddittorie e confuse. Poi si deve procedere con la massima velocità mantenendo proibizioni e controlli, un prezzo doloroso che purtroppo si deve pagare per tornare prima possibile alla normalità.
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