L'infinita “autostrada” della concessione Aspi
di Paolo Lingua
La trattativa tra la Cassa Depositi e Prestiti (con gli associati Blackstone e Macquarie) e l’Aspi per l’acquisizione della concessione autostradale è davvero un percorso infinito. L’ultima puntata d’una storia che dura da quasi tre anni, dal momento del disastroso e tragico crollo del Ponte Morandi, indica una proposta di acquisizione d’una quota pari all’ 88% del pacchetto azionario, ma che potrebbe anche salire al 100%. La cifra di cui si parla si aggira sugli 8 miliardi di euro. Sino a questo momento il consiglio d’amministrazione di Aspi (controllata, come è noto, dal gruppo Benetton) sembra essersi dimostrato freddino. Ma ogni decisione è rinviata al prossimo mese, quando ci sarà il consiglio d’amministrazione, anche se si insinua che la decisione finale potrebbe essere affidata alla assemblea degli azionisti. Si procede ormai a piccoli passi.
Restano infatti molti aspetti ancora incerti, al di là della specifica trattativa sul prezzo, perché pendono sull’intera vicenda tutti i dubbi relativi a possibili pagamenti di danni (che vanno dalle persone alle cose), una serie di incertezze e di preoccupazioni che sono emerse all’indomani del crollo, quando molti esponenti politici (e dello stesso governo di allora) premevano per il ritiro immediato della concessione ad Aspi, ritenendola responsabile della mancata od omessa manutenzione del tratto autostradale. La polemica era stata sollevata dal M5s, ma successivamente erano nate preoccupazioni di natura legale e anche finanziaria (rischio di pagamento di una forte penale), per cui la situazione era rimasta sospesa sino a che non era entrata in campo la cassa Depositi e Prestiti. Ma la trattativa è partita in salita ed è proseguita al rallentatore. La sensazione, che poi ormai è una certezza, vede il gruppo Benetton e l’Aspi orientati a lasciare la concessione autostradale, anche perché dal procedimento della magistratura stanno emergendo molti elementi pesanti nei confronti della gestione di Aspi.
Non solo: da più di un anno sono in corso interventi su tutte le autostrade liguri che riguardano i pannelli antirumore, ai viadotti e alle coperture delle gallerie che implicano lavori impegnativi e che , tra l’altro, danneggiano in maniera pesante i trasporti e i percorsi. Non c’è ancora – e ci vorrà molto tempo – una sentenza, ma è indubbio che ogni giorno che passa emergono limiti e errori nella gestione e nella manutenzione autostradale, una situazione che avvolge dieci anni e anche molti di più dei limiti di intervento e di controllo. In parole povere Aspi deve uscire di scena, ma la prassi non è delle più semplici e, come è ovvio, punta quando è possibile ad alzare il presso della cessione.
Al tempo stesso non è del tutto chiara la strategia della Cassa Depositi e Prestiti. Intende acquisire e gestire direttamente le autostrade, danno vita a una so0rta di nuova Iri? Ma è in grado di poterlo fare? Oppure tende a concedere la gestione a terzi, come per esempio l’Anas che però a fatto sapere di non essere particolarmente disposta? O, infine, puntando a una acquisizione completa del pacchetto azionario punta, d’accordo con i soci di minoranza, a vendere a terzi l’intera gestione? Naturalmente c’è in ballo il gioco del rialzo o del calo del prezzo di acquisto. Il che rende lunghi i tempi della trattativa che non accenna a concludersi, salvo miracoli. Nel complesso l’intera vicenda può essere definita, con una espressione da tempo abusata, davvero “all’italiana”, dove non si riescono ad afferrare i capi che tengono insieme la vicenda che parte, per dire tutta la verità, da errori sorti più di vent’anni fa, con pesanti limiti da parte pubblica di controllo sui concessionari, forse anche frutto della lentezza della burocrazia. Un difetto storico che non paghiamo soltanto con il caso dlele autostrade che è, purtroppo, emerso solo dopo una tragedia assurda.
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