L'altro 7 ottobre: 40 anni fa il dirottamento dell'Achille Lauro, ucciso a bordo un disabile americano 'colpevole' solo di essere ebreo
di steris
Si rischiò la crisi tra Craxi e Reagan, il presidente Usa voleva la cattura dei terroristi ma il premier italiano li lasciò ripartire da Sigonella
Il 7 ottobre di quarant’anni fa non era ancora una data associata al terrore contemporaneo. Prima dell’attacco di Hamas del 2023, fu un’altra la tragedia che segnò quella giornata: il dirottamento della nave da crociera Achille Lauro al largo delle coste egiziane. Un commando di quattro militanti palestinesi prese in ostaggio 545 persone a bordo, in un'azione che sfuggì presto al controllo della stessa Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP).
Il caso diventò globale quando, durante la trattativa con le autorità, uno dei sequestratori uccise Leon Klinghoffer (a destra), cittadino statunitense ebreo, paralizzato su una sedia a rotelle, gettando il suo corpo in mare insieme alla carrozzina. Un omicidio tanto simbolico quanto scioccante, che fece saltare ogni tentativo di negoziazione pulita e segnò una svolta tragica nell’evento.
Da Sigonella alla diplomazia internazionale - Dopo la resa dei dirottatori, una drammatica pagina di diplomazia internazionale si scrisse sulla pista della base NATO di Sigonella, in Sicilia. Un aereo egiziano con a bordo i sequestratori atterrò sotto la pressione degli Stati Uniti, che ne chiedevano l’estradizione immediata. Lì si consumò un durissimo scontro tra le autorità italiane, guidate da Bettino Craxi, e quelle americane, su ordine diretto del presidente Ronald Reagan. L’Italia, rivendicando la propria sovranità, si oppose al trasferimento, processando i terroristi a Genova. Alcuni furono condannati, ma ancora oggi molti dettagli della vicenda rimangono oscuri o irrisolti.
Le voci dei protagonisti e dei familiari - A distanza di quattro decenni, le ferite sono ancora vive. Ilsa Klinghoffer, figlia della vittima, ha ricordato quei giorni in un documentario di SkyTg24: "È stato dai media che abbiamo saputo della morte di papà. Non potevamo credere che qualcuno avesse ucciso un uomo su una sedia a rotelle. Era un eroe", ha detto, ricordando anche la dignità della madre nel dolore. Fu proprio la sua famiglia ad aprire una causa legale contro l’OLP, aprendo un precedente che permise anche ad altri cittadini americani vittime di terrorismo di agire legalmente contro governi stranieri. Pasquale Di Vanna, terzo ufficiale di macchina all’epoca, allora 25enne, ricorda con amarezza: “Sono passati 40 anni, ma quella vicenda non ha insegnato nulla. Vicende come questa sono destinate a ripetersi in eterno”.
Dietro le quinte del processo - Alessandro Famularo, giovane avvocato coinvolto nella difesa dei terroristi, racconta oggi quanto raccolto in anni di ricerche. “Quella fase storica era segnata da azioni dimostrative dei gruppi palestinesi. L’omicidio di Klinghoffer fu un tragico errore. Il capo dei sequestratori, Al Molqi, confessò che l’uomo lo aveva colpito con un bastone e perse il controllo. Non era premeditato”, ha detto. La stessa OLP si dissociò pubblicamente dai suoi uomini.
Dopo 23 anni di carcere, Al Molqi fu espulso in Siria nel 2009, e da allora non se ne seppe più nulla. Un altro dei condannati, Khalid Hussein, si tolse la vita il giorno dopo la partenza di Molqi. La sua moglie, Carla Biano – ex militante della sinistra eversiva – aveva denunciato le condizioni di detenzione; anche lei oggi è scomparsa dal radar pubblico.
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