In attesa delle elezioni regionali, cresce la confusione politica

di Paolo Lingua

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In attesa delle elezioni regionali, cresce la confusione politica

Ormai è chiaro che è cominciato il conto alla rovescia in attesa dell’esito delle elezioni regionali di domenica 26 gennaio: in questa prospettiva, in una visione delle cose che è assai più contrastata di quanto non appaia, le questioni più delicate sul tavolo dell’esecutivo sono tutte rinviate al “dopo voto”. E’ il caso del “decreto sicurezza”, della travagliata diatriba sulla revoca delle concessioni autostradali e sulla riforma della prescrizione, per non parlare delle questioni che riguardano il sistema fiscale e la cosiddetta !quota 100” delle pensioni. In quasi tutti questi temi, il M5s, travagliato al suo interno, tra filogovernativi a tutti i costi e posizioni radicali di rottura e giustizialiste, è su posizioni assai lontane da un Pd che avrebbe gran voglia di scaricarlo ma che, al tempo stesso, teme le urne perché è assai probabile una vittoria netta del centrodestra.

Per cui, molto all’italiana, si tira a campare (non proprio alla maniera, più raffinata e soft, di Andreotti) per non tirare le cuoia. Si riparlerà di tutto nel giro di boa tra gennaio e febbraio: Ma nel frattempo come vanno le strategie elettorali? Anche in questo campo non mancano gli stappi confusionali. In Emilia Romagna, dove le previsioni parlano d’un sostanziale equilibrio destra-sinistra, Pd e grillini vanno ciascuno per conto loro e i renziani spalleggiano il Pd. In Calabria, salvo sorprese, i sondaggi danno il centrosinistra sconfitto con divisione delle candidature. E altrove? In Toscana appare, per ovvi motivi, un accordo tra Pd e renziani e forse anche grillini.

Ma in Puglia, com’era prevedibile si annuncia la spaccatura. Anche per le strategie economico-industriali (Ex Ilva,  viadotto del gas, ecc.)i renziani faranno una lista con il movimento di Calenda e con il partito della Bonino, mentre il Pd avrà liste autonome rispetto al M5s, con scarsi entusiasmi verso una eventuale riconferma di Emiliano poco omologo con gli zingarettiani. E veniamo alla Liguria a questo punto: all’interno del Pd si procede a passi lenti cercando di guadagnare tempo e a cercare di capire che cosa accadrà dopo le regionali e poi a livello di governo. Non si capisce – ma in Liguria si voterà a maggio, per ultimi, dopo la Puglia e la Toscana – se si farà un accordo tra Pd e M5s. Per il momento i grillini, non si sa se per tattica o per convinzione, annunciano nei prossimi giorni un voto per indicare il loro candidato presidente sulla piattaforma Rousseau.

I candidati, tanto per gradire, sono undici e, per dirla all’amichevole, ce n’è per tutti i gusti. Nel Pd vorticano decine di normi, ma forse nessuno sarà il prescelto. Anche una personalità che avrebbe forti chances come la segretaria generale della Cisl Anna Maria Furlan per adesso tace e resta sul sentiero della massima prudenza. E’ tutto rinviato quindi e si resta ai giochini mediatici.  E il centrodestra che a livello nazionale gioca sull’opposizione a 360 gradi e alla sfrenata propaganda elettorale nelle regioni? In Liguria sembrano blindati la Lega e Fratelli d’Italia. Anche gli altri partiti sono d’accordo e, sia pure con qualche sfumatura (in particolare all’interno di Forza Italia), sono decisi alla conferma  di Giovanni Toti per un secondo mandato.

Ma, sia la rete – forte nel ponente – di Claudio Scajola, sia Forza Italia ben insediata nel Tigullio e in altre zone condizionano il loro supporto con dei distinguo rispetto al partito “Cambiamo!” di Toti che, in pratica, non ha sfondato a livello assolutamente nazionale (anzi appare un mezzo flop) e che ha una sua ramificazione personalizzata (consiglieri uscenti, assessori) soprattutto in Liguria ma che, per quel che concerne le candidature, dovrà lavorare a una complessa mediazione.  Non solo per le candidature nei collegi provinciali, ma anche per quel che riguarda il “listino” da sempre sopprimibile ma di fatto immortale perché fa comodo a tutti. Non sarà un contenitore di eccellenze (non lo è mai stato) ma un “refugium peccatorum” di candidati dal fiato corto nelle preferenze. Ma la spartizione sarà dolorosa.