Imperia: in aula la madre della vittima di omicidio del 1995 in Svezia, imputato un sanremese oggi 73enne
di Redazione
Ghriba Shabo: "Non voglio vendetta ma giustizia, spero ancora di scoprire dove sia il corpo della mia Sargonia"
Si è aperto stamani davanti alla Corte di Assise di Imperia un processo che potrebbe risolvere un cold case che nel 1995 scosse la Svezia. Imputato è Salvatore Aldobrandi, 73 anni, originario di San Sosti (Cosenza) ma residente a Sanremo (Imperia), arrestato a giugno su ordine del gip di Imperia perché sospettato di aver ucciso in Svezia nel 1995 Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla da Linköping nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995. L'uomo, che dopo avere vissuto in Svezia era tornato in Italia e si era rifatto una famiglia, è accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e di soppressione di cadavere. I pm Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi hanno aggiunto una terza aggravante, quella della recidiva specifica infraquinquennale, dovuta a due condanne di Aldobrandi per violenza sessuale e maltrattamenti. "Quello della recidiva - ha affermato Gobbi - è un aspetto tecnico che deriva dal fatto che in Svezia Aldobrandi risulta aver commesso atti di maltrattamento e di violenza sessuale prima dei fatti per cui oggi è a processo". La procura aveva chiesto di eseguire nuovi accertamenti sulle tracce ematiche trovate nell'abitazione dell'imputato. "Sulle tracce ematiche trovate in casa dell'imputato abbiamo fatto un'ulteriore consulenza - ha affermato Marrali - naturalmente a distanza e solo sulle fotografie, ma si tratta di polizia giudiziaria estremamente specializzata. Quindi, hanno tratto degli argomenti molto importanti per quanto riguarda l'arma del delitto, la posizione della vittima e dell'aggressore. Dati che sicuramente servono a integrare e corroborare il nostro quadro accusatorio".
"Non voglio assolutamente guardarlo negli occhi. Chiediamo solo giustizia. Nei suoi confronti non diciamo nulla perché non abbiamo parole da sprecare. Mia sorella era la persona più socievole e amichevole che abbia mai incontrato". Lo ha detto amareggiato e commosso Ninos Dankha, fratello minore di Sargonia, all'apertura del processo per il presunto omicidio della sorella.
Al suo fianco c'era anche la mamma Ghriba Shabo. "Essere qui è molto triste - ha dichiarato la donna -. Mi ha completamente distrutto vederlo. Non ho mai smesso di lottare per conoscere la verità. Voglio sapere cosa ha fatto. Sono stata mamma di Sargonia per ventuno anni, ho molti ricordi: lei era gioia e amore nella nostra, casa. Poi è stato il vuoto. Suo fratello non riesce più a stare in quella casa, perché è vuota". Ha aggiunto: "Spero davvero che la giustizia italiana possa darci una risposta dopo 28 anni e che i testimoni svedesi che sanno cosa è successo al corpo, lo dicano alla Corte. Io ho vissuto la mia vita, mio figlio ha ancora la sua da vivere: per questo dobbiamo avere delle risposte".
Cosa vorrebbe dire ad Aldobrandi? "Se ha un cervello e un cuore direbbe cosa è successo. Ho perso un figlio prima della sparizione di Sargonia e poi lei, e lui ancora mi fa questo". Originaria di Bagdad, in Iraq, si è spostata in Svezia quando la bambina aveva solo quattro anni e Ninos 9 mesi. Il marito è morto nel 2020. "Ieri sera erano molto preoccupati da come avrebbero reagito alla vista di Aldobrandi - ha affermato il legale di parte civile della famiglia Dankha, Francesco Rubino - per questo si sono imposti di non guardarlo, perché non vogliono vendetta ma giustizia e sperano ancora di scoprire dov'è il corpo della figlia e della sorella".
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