Il virus mette in crisi lo Stato e le Regioni

di Paolo Lingua

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Il virus mette in crisi lo Stato e le Regioni

Il coronavirus è certamente un evento imprevedibile che ha messo in ginocchio anche gli Stati più evoluti del mondo (vedi gli Usa di Trump) ma, nel momento in cui si annuncia una, sia pur timida, discesa del contagio, aumenta la confusione sul da farsi. Mai come in questi giorni il governo è apparso in equilibrio (instabile) su un percorso tormentato di “stop and go”. Non solo: oltre ai contrasti con larga parte dell’opposizione (Salvini e Meloni in clima di propaganda elettorale, mentre Berlusconi appare più guardingo), emergono posizioni differenti, a lungo sopite, tra Pd, M5s e renziani, sia sulle scelte operative in Italia, sia nella prospettiva del difficile rapporto con i vertici dell’Europa.

 In realtà in questo momento ci troppe spinte, provocate da interessi diversi e anche contrastanti tra loro, che vorticano spostandosi dal centro alle Regioni, molte delle quale quali sono in condizioni differenti rispetto al virus e per di più sono sospinte da situazioni sociali assai diverse e con scelte strategiche e con condizioni di natura socioeconomica completamente differenti, anche come dimensioni produttive e finanziarie.

La Lombardia, tanto per fare l’esempio più vistoso, è la regione che ha subito le maggiori ferite del coronavirus, ma è anche la più popolosa, la più ricca e la più produttiva. Curiosamente, ma non è l’unico caso in Italia,  ha una regione retta dal centrodestra mentre Milano ha una giunta di centrosinistra. Fontana accelera perché tema una crisi irrecuperabile, sia per la produzione, sia per l’import – export, Sala teme la recrudescenza del contagio e la nascita di nuovi focolai e , comunque, vorrebbe trovare un’intesa  per un’azione coordinata con il Governo.

Il presidente Conte gioca in prima persona  e non si capisce bene quanto sia sostenuto dagli alleati della maggioranza. Renzi   appare il più favorevole alla ripartenza, agganciando la linea della Confindustria, rilanciata dal nuovo presidente designato sin dalla giornata di ieri. I grillini sono divisi e in confusione, ma sembrano cauti per il timore della possibile ripresa delle infezioni. Il pd non ha una vera linea: oscilla tra le preoccupazioni sulla salute dei cittadini e il “dream” d’una ripresa. Ma ha sbandato in pieno con la proposta del prelievo sui redditi e sull’ipotesi di una tassa patrimoniale. Provvedimenti da vecchio passato di sinistra che servirebbero solo a far fuggire gli investitori.

Anche in Liguria la situazione non è chiara. Sembra possibile un rilancio dell’industria di maggiori dimensioni, ma, come abbiamo già osservato nei giorni scorsi, si ondeggia confusamente sul terziario avanzato e sul piccolo commercio, settori dove il controllo e la prevenzione sono più  facili da definire a parole, piuttosto che a realizzarli di fatto per la difficoltà dei controlli. Il turismo, in tutte le sue filiere, anche se è una delle maggiori fonti di ricchezza del territorio, è il settore dove le difficoltà sono maggiori se non addirittura insormontabili, per esplicita ammissione di molti operatori che pure soffrono per una crisi senza precedenti. 

Sul calendario è segnata con la matita rossa la data fatidica del 4 maggio, quando, secondo il decreto firmato da Conte, dovrebbe terminare la disciplina del blocco del mondo del lavoro e l’invito ai cittadini a non uscire da casa per combattere la diffusione dei contagi. Che cosa si deciderà al momento non è di facile comprensione. Il virus – sia per il numero dei contagiati, sia per quello dei decessi – è in calo, ma con molta lentezza. Al tempo stesso, come abbiamo già constatato, sono forti le pressioni, da molte parti, per una ripartenza. Gli Usa, la Germania, l’Inghilterra (e solo in parte la Francia, più prudente) puntano a salvare l’economia “convivendo” con il virus. L’Italia è come sempre più ondeggiante, anche perché si tema che un “liberi tutti” scateni la parte più incosciente della popolazione. Al tempo stesso la nostra economia è inginocchio. Ma la ripresa “graduale” è più facile a dirsi che a farsi. Chi sì? Chi no? E in che ordine? E con quali regole? Nel frattempo fioriscono ovunque comitati di supervisori e di superconsulenti.