Il "vero" esito delle elezioni europee? Ci vorranno un paio di mesi

di Paolo Lingua

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Il Punto di Paolo Lingua

Il "vero" esito delle elezioni europee? Ci vorranno un paio di mesi
A leggere i numeri tutto sembra semplice. Cominciamo con l’Europa. L’ondata di piena dei sovranisti non ha sfondato (per fortuna) il Parlamento Europeo anche se i partiti e i movimenti hanno ottenuto esiti diversi nei 28 Stati che compongono l’Unione. In alcuni la sinistra ha retto, in altri sono emersi i verdi. In altri i sovranisti antieuropei sono emersi, in altri ancora sono andati maluccio. In linea di massima si delinea una maggioranza “tradizionale” filo-europeista – popolari, socialdemocratici, liberali con qualche dubbio sui verdi – che però dovrà puntare a modifiche di scelte, comportamenti e impostazioni del passato che hanno creato incertezze e impopolarità. L’Ue comunque sistemerà  incarichi e strutture dell’esecutivo alla fine di luglio, per non parlare dei deputati inglesi che nel volgere di qualche mese dovranno lasciare il loro posto a Bruxelles ai primi dei non eletti degli altri Stati. Una ulteriore confusione. Ma veniamo alla situazione tutta italiana, a modo suo abbastanza complessa. A voler fare la solita fotografia del voto c’è da constatare la vittoria della Lega, il crollo del M5s, la riprese del Pd, le difficoltà di Forza Italia. Per il resto vale la pena di  sottolineare l’irrobustimento di Fratelli d’Italia e la dissolvenza dei partitini di destra e di sinistra. Il movimento che raggruppava la Bonino, gli ex socialisti e gruppuscoli di sinistra moderata e liberale non ha raggiunto la soglia del 4%. Il suo destino sarebbe confluire nel Pd che, contando appunto questo movimento e almeno qualche altro frammento della sinistra potrebbe navigare verso il 30%. Zingaretti non si può lamentare: ha interrotto la linea discendente, è passato al secondo posto tra i partiti, anche se ha perduto il Piemonte e ha subito ferite (prevedibili) in Umbria. S’è confermato leader di città come Genova, Torino, Milano e Bologna. E ha riconquistato Livorno. Il M5s ha perduto dappertutto e vede sempre più fragili i due comuni di prestigio conquistati in passato: Torino e Roma. E adesso che cosa accadrà? Come era prevedibile, Salvini, indubbiamente raggiante per l’exploit raggiunto, ha detto sbrigativamente che il Governo da domani riprenderà la sua vita, scavalcando qualunque ipotesi di crisi e di nuove elezioni. I progetti operativi dell’esecutivo dovrebbero portare il suo marchio, visto che di fatto è il leader e che ormai ha il doppio dei voti dei “grillini”. Di Maio ha parlato di ristrutturazione del partito, di riflessioni e, a sua volta, ha schivato l’ipotesi della crisi di possibili nuove elezioni. Zingaretti, com’è ovvio, ha invocato la crisi. Ma queste dichiarazioni “al brucio” non dicono nulla. E’ indubbio che la situazione del Governo s’è fatta più complicata. Le linee operative della Lega e del M5s hanno pochi elementi in comune. Salvini punta alla ripresa economica e allo sblocco reale delle grandi opere ferme dappertutto. I “grillini” si contorcano sui temi cosiddetti “morali” tra dubbi e contraddizioni operative. C’è poi, nella prospettiva d’un possibile governo di centrodestra frutto di nuove elezioni in autunno, la complessa situazione di Forza Italia dove è già decollato lo scontro tra il presidente della Liguria Giovanni Toti e il “cerchio magico” dei fedelissimi di Berlusconi, il cui avvenire, essendosi ristretta la fascia del consenso al partito, è decisamente incerto, ma che resistono abbarbicate al leader carismatico. Il Governo però, al primo vero ostacolo, potrebbe cadere e allora tutto potrebbe ruzzolare. Poi si allungano per il prossimo anno le ombre delle elezioni regionali (tra cui la Liguria). Dovunque centrodestra contro centrosinistra con il “grillini” terza forza? Possono sorgere situazioni ifferenti di giorno in giorno. Il quadro del voto è un asset matematico che però ha bisogno di un algoritmo per funzionare. Ma chi sarà il nuovo Archimede?