Il personaggio Aldo Spinelli

di Paolo Lingua

3 min, 24 sec
Il personaggio Aldo Spinelli

A volerci riflettere un istante, proprio oggi che compie (in gran forma fisica e intellettuale) gli 80 anni, Aldo Spinelli è soprattutto il prototipo del “self made man”, intelligente, pronto al colpo di reni, pragmatico e un pizzico fortunato, proprio lui che ama l’adrenalina del rischio del gioco. Ragazzo di Sampierdarena, naturalizzato ligure da bambino ma nato a Palmi, tifoso del Genoa in controtendenza  al quartiere dove la Sampdoria è monocratica, già adolescente entrato nel vortice del mondo portuale, ha iniziato la sua attività imprenditoriale di trasportatore poco più che ventenne, partendo da zero e ora è seduto su un piccolo impero mobile di oltre 600 camion con più di 700 dipendenti, con un socio internazionale e con la prospettiva, se Genova lo consentirà visti gli attuali problemi di logistica, di crescere ancora. Spinelli è una personalità a tutto tondo: è cordiale, ma anche duro quando le necessità lo impongono. E’ allegro e creativo. E’ pronto alla socializzazione e anche, senza alcun paternalismo di maniera, alla solidarietà sociale e a capire i problemi di chi è in difficoltà. E’ un uomo che non dimentica le proprie origini e pensa che tutti, nella vita, devono avere una chance ma che però devono saperla sfruttare. Nella vita ha percorso parallelamente tre sentieri: quello imprenditoriale, quello politico (è stato consigliere comunale del Psi, sia pure come indipendente per una mai celata simpatia per Bettino Craxi) e quello sportivo con i tredici anni di presidenza del Genoa, suo grande amore, e più di venti come presidente del Livorno, dove però vuole, sia pure con garbo, recedere. In Spinelli, proprio per l’asse tra l’attività imprenditoriale lo sport (la politica per lui ha una certa attrazione ma è anche frutto di una esigenza pragmatica di tenere buoni rapporti con il potere) vive e resta vivace una visione della vita sempre protesa alla sfida e alla prova con problemi sempre più difficili, ma mai affrontati drammaticamente, sempre cercando la mediazione. Basterebbe ricordare l’accordo con le istituzioni (in particolare il Comune, il Porto e la gestione delle aree ex Ilva) quando lascio la sede del colle degli Erzelli. Non fu solo una necessità e (anche una opportunità), ma comprese l’importanza da parte della realtà sociale del territorio di lasciare libera un’area che poteva essere una grande occasione per Genova, anche se per ora la questione resta in gran parte in sospeso. Spinelli soprattutto negli ultimi quarant’anni è stato un protagonista di primo piano della realtà pubblica di Genova e della Liguria (e non solo). Gli va riconosciuto di non essersi mai tirato indietro in nessun cimento. Così come si è battuto nel Genoa a risalire in serie A, ogni volta che la  malasorte lo riportava  in B. E lo stesso, nei limiti del possibile, ha fatto con il Livorno. Ha sempre creduto nelle grandi opere e nelle strategie di ammodernare e potenziare il sistema di trasporto e di comunicazione, fiducioso in una crescita moderna e imprenditoriale del porto di Genova. Spinelli, in questo contesto, non è mai stato corporativo, ma sempre aperto e disponibile, anche se si potevano correre dei rischi. Se chiudiamo un attimo gli occhi lo vediamo, all’alba, sui moli, con il giubbotto pesante in peno inverno a gestire con ruvida cordialità le operazioni dei suoi camion e lo smistamento dei Tir. Per poi incontrarlo in pieno centro della città, all’ora di colazione, per pranzare in compagnia senza perdere il sorriso bonario e ammiccante, anche se pochi minuti prima nel suo ufficio sui moli ha trattato problemi aziendali difficili e delicati o ha conversato con ministri o con vertici di istituti bancari. “Sancta simplicitas” verrebbe da dire in occasione del suo “vigesimo quadragesimo” anno mentre lui fissa lo spazio del “suo” bacino portuale nella speranza che comincino presto i lavori per spostare più al largo la diga foranea.