Il governo tra duri contrasti e recuperi in extremis
di Paolo Lingua
Al termine di mille contrasti, razionali e assurdi, appare assai improbabile per non dire impossibile che le attuali spaccature tra i partiti (maggioranza e opposizione) portino a una crisi dell’esecutivo e a elezioni politiche. Le elezioni, per mille motivi e mille interessi (l’attuale assetto parlamentare risulterebbe rivoluzionato), non le vuole nessuno, perché l’esito sarebbe un profondo rivoluzionamento dell’attuale rapporto di forze esistente e quasi tutti i partiti avrebbe una situazione interna profondamente differente. Al tempo stesso, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, le differenze tattiche, strategiche e ideologiche esistono ed emergono quasi come un movimento geologico che non è frenabile.
In questi giorni infatti si sono riaperti gli scontri tra il Pd e il M5s. E il tema, ancora una volta, riguarda i rapporti con l’Europa. Il Pd (ma anche Italia Viva) è favorevole alla riforma della struttura “salva-Stati” messa a punto dai vertici della Ue. Ma l’antitesi con le linee dell’Europa è risorta in seno al movimento “grillino” e c’è il rischio che la normativa rischi la bocciatura all’interno del parlamento italiano, considerati i contrasti verso Bruxelles da sempre esistenti nel centrodestra. Per la verità Forza Italia s’era dichiarata in un primo momento favorevole alla linea dei vertici europei. Poi Silvio Berlusconi ha bocciato , forse per allinearsi con Salvini e con la Meloni, questa scelta, pur confermando il suo sì al Mes in funzione degli investimenti per la sanità. Ma la situazione è più critica all’interno della maggioranza perché , al di là del duro “no” cocciuto e irrazionale contro il Mes, i “grillini” si sono dichiarati sfavorevoli alla pratica del “salva-stati” e addirittura un buon numero di deputati e senatori hanno annunciato la loro decisione di votare “no” quando il provvedimento raggiungerà le camere, si presume entro una decina di giorni. A voler giocare con il pallottoliere i numeri rischiano di non esserci e a questo punto il rischio della crisi potrebbe davvero emergere. E sarebbe una situazione che potrebbe far precipitare la repubblica nel caos più assoluto, quello che il presidente Mattarella sta cercando di evitare a ogni costo in ogni suo pubblico intervento.
E’ probabile che da qui a dieci giorni si trovi una soluzione di compromesso. Ma sarà un accordo in extremis sempre più faticoso e logorante, in un contesto dove anche gli altri partiti che sorreggono il governo (renziani ed estrema sinistra) puntano a posizioni di distinguo. Italia Viva, in questo contesto, spinge, per esempio, in occasione delle prossime festività, spinge per una politica più permissiva, in contrasto con il Pd e con gli altri alleati. L’estrema sinistra a sua volta ha tentato di avanzare una proposta – che vede gli altri nettamente contrari – per l’introduzione d’una tassa patrimoniale. Assistiamo insomma – aggiungendo, come già citato prima, le divisioni all’interno di Forza Italia e i suoi difficile rapporti con gli alleati del centrodestra – a una nevrosi collettiva dei partiti, in conseguenza delle loro collocazione che in realtà sovente non risponde alla natura fisiologica dei partiti stessi. Una situazione complessa e non facilmente risolvibile sino a che durerà lo stato di emergenza del virus ma che avrà tutta una serie di conseguenze e di posizioni controverse in occasione dei prossimi appuntamenti elettorali (comuni e regioni) e che rischia di affrontare, forse al termine degli aspetti traumatici della pandemia, le elezioni della presidenza della repubblica. La flotta politica e istituzionale potrebbe trovarsi allora in un fitto banco di nebbia, con gli italiani sempre più perplessi e demotivati.
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