Il Genoa è una corazzata, ma è evidente: qualcosa non funziona

di Gessi Adamoli

3 min, 29 sec
Il Genoa è una corazzata, ma è evidente: qualcosa non funziona

C'è un dato oggettivo (ne concordano tutti gli addetti ai lavori): il Genoa è una corazzata. E un altro soggettivo che riguarda allenatore. Per qualcuno Blessin è l'uomo giusto per riportare il Genoa subito in serie A, per altri invece non è all'altezza. Dopo la sconfitta di Palermo, col Genoa risucchiato metà classifica e con il Sudtirol, che l'allenatore l'ha cambiato prima ancora che iniziasse il campionato, dietro di appena due punti, il partito degli anti Blessin è cresciuto in maniera esponenziale.

Proprio i primi venticinque minuti di Palermo hanno confermato il dato oggettivo. Il Genoa, infatti, è stato il padrone assoluto del campo, facendo intendere di avere qualità nettamente superiori a quelle dell'avversario. Era come se sul ring si stessero affrontando due pugili di due categorie diverse. Ma se poi il peso medio manda il peso massimo ko, significa che qualcosa non funziona. Porsi delle domande a questo punto è inevitabile, con buona pace di quei fenomeni da tastiera che si sentono depositari della genoanità come se qualcuno sul monte Sinai gli avesse consegnato (chissà perché proprio a loro?) le tavole per stabilire il genoano perfetto. Ignorando che per definizione il genoano è (per fortuna) imperfetto e proprio per questo dotato di grandissimi e irrazionali slanci di generosità, passione e amore assoluto. Costoro, per i quali essere genoani significa nascondere la polvere sotto il tappeto, sono quelli che per oltre dieci anni avevano difeso l'indifendibile ovvero quello che definivano “il miglior presidente del dopoguerra”.

Sono quelli che hanno scacciato dal tempio una leggenda rossoblù come Roberto Pruzzo che, per il solo fatto di aver regalato alla storia la prima “cartolina” del calcio moderno (lui in cielo a colpire di testa e la Sampdoria cacciata in serie B), meriterebbe devozione assoluta. La sua colpa? Dire apertamente che quel Genoa, che tutti gli anni acciuffava per i capelli il diciassettesimo posto, giocava malissimo. E ora c'è anche chi è pronto a voltare le spalle a Tomas Skuhray, che a forza di capriole ha portato il Genoa al quarto posto (miglior piazzamento del dopoguerra) e alla semifinale di Coppa Uefa. Ma è così grave dire che un bomber come Coda andrebbe sfruttato meglio e che il Genoa non fa un cross? Pajac lo scorso anno era stato una macchina da assist, venerdì sera a Palermo, sulla fascia sinistra, l'abbiamo visto con la palla nei piedi aprire sconsolatamente le braccia perché nessuno faceva un movimento che gli consentisse il passaggio.

Porsi delle domande non significa per forza bocciare Blessin al quale lo scorso anno va riconosciuto di aver fatto un lavoro importante soprattutto dal punto di vista morale. Ha fatto rialzare la testa ad una squadra che a Firenze aveva smarrito anche l'orgoglio e oltre alla serie A rischiava di perdere anche la dignità. Il suo gioco era improntato soprattutto a non far giocare gli altri (l'Inter lo scudetto l'ha perso a Marassi) al punto che nelle prime otto partite senza mai perdere aveva però segnato soltanto un gol.

Ora in serie B il Genoa invece è chiamato a imporre il suo gioco. Ma a Palermo anche la lettura in corsa della partita ha lasciato interdetti. Se contro il Parma era stato accusato di non aver fatto ricorso alla grande qualità che aveva in panchina, alla Favorita si è comportato in maniera diametralmente opposta. Dentro contemporaneamente cinque attaccanti (nel finale anche Bani è andato a fare la punta): Yalcin, Aramu e Puscas oltre a Coda ed Ekuban che erano in campo dall'inizio. Una mossa alla Maifredi, ma non è che più attaccanti metti in campo e più gol segni. Blessin, che un cultore di un calcio fisico (stravede per Portanova, Jagiello ed Ekuban) è l'uomo giusto al posto giusto? Se lo chiedono i tifosi genoani, ma soprattutto la proprietà. C'è un grandissimo patrimonio, che il ritrovato entusiasmo del popolo genoano come dimostrato dallo straordinaria festa per i 129 anni del vecchio Grifone, che sarebbe un peccato mortale se andasse disperso.

Sabato prossimo col Modena il Genoa di Blessin non deve solo vincere la prima partita in casa, ma anche convincere.