Il caos economico del coronavirus

di Paolo Lingua

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Il caos economico del coronavirus

E’ emerso in queste ultime ore che alla Liguria, per quel che riguarda i fondi della Cassa Integrazione in Deroga, arriveranno 17 milioni meno del previsto; e questo ha messo in agitazione e in polemica le amministrazioni locali e i sindacati. Vedremo se sarà possibile metterci una pezza nei prossimi giorni, ma è indubbio che, in questo momento, a tutti i livelli, la confusione cresce e le contraddizioni sono in aumento. Anche perché Stato, Regione e Comuni non sono omologhi nelle loro decisioni a partire dai problemi di maggior respiro sino ai piccoli dettagli.

Il problema-chiave sta proprio nelle ripartenze – a gruppi, per settore, per non parlare delle dimensioni aziendali – e nei numeri che vanno dal giro d’affari di cui non è facile calcolare i tagli e le perdite sino alla questione più che mai delicata dei dipendenti. Quanti lavoratori riprenderanno e quanti dovranno restare a casa? E qui la questione si ricollega alle polemiche sulla cassa integrazione che, comunque, potrebbe se non risolvere le crisi, però offrire un po’ di ossigeno a chi rischia la disoccupazione.

In Liguria, sia pure con tutti i dubbi che in questi casi particolari sorgono sempre, è più agevole la ripartenza della grande industria, tipo l’Ansaldo Energia che già decolla, ma, domani, messi a punto alcuni aspetti, lo stesso discorso varrà per la cantieristica. Sia pure con rallentamenti e frenate, vanno avanti i lavori per la ricostruzione del ponte ex Morandi e del Terzo Valico. Alle spalle ci sono grandi industrie specializzate e che controllano il sistema delle piccole imprese delegate per lavori specifici. I grandi rischi sono quindi rimossi.

I veri problemi sorgono con le strutture economiche di piccole dimensioni, come è emerso oggi in considerazioni delle associazione della piccola edilizia. Cosa è possibile fare? Quali controlli ci saranno? Cosa sarà utile per evitare il contagio? E quali attività saranno possibili alla luce della situazione attuale di ancora alta diffusione dell’infezione? Ma anche la Confedilizia – che gestisce imprese i dimensioni assai maggiori – è perplessa. Il settore delle costruzioni e delle opere pubbliche di media dimensione, già in crisi prima dello sviluppo del coronavirus, non vede segni di ripresa. Dal governo non è venuto quel segnale che tutti si aspettavano. Le opere pubbliche hanno una caratteristica specifica: cioè mettere in moto una serie di attività collaterali che sono sempre state una molla capace di far scattare una serie di settori produttivi collegati e connessi. Ma ai vertici politici non sono omogenei tra loro, anche se alleati. I renziani sono favorevoli a una ripresa alla grande e agli investimenti nelle opere pubbliche (come Berlusconi, del resto), ma sull’argomento c’è l’ostilità ideologica del M5s. Il Pd oscilla, ma recentemente nell’area di sinistra di è lanciata l’idea d’una tassa patrimoniale e di prelievi sui redditi superiori agli 80 mila euro. Una mossa, detto con franchezza, che avrebbe solo l’esito di bloccare gli investimenti e di far fuggire gli investitori.

Resta da valutare un aspetto specifico che però in Liguria ha un grande peso, non solo economico ma anche numerico, con riferimenti agli occupati di tutti i livelli. Il primo segmento riguarda l’artigianato, di tutte le dimensioni e di quasi tutti i settori produttivi. Le aziende artigiane, sistemate al loro interno per la prevenzione, non hanno in genere un grosso impatto sociale e pubblico e quindi non creano pericoli di infezione. Smistano mi loro prodotti o i loro servizi con mezzi di trasporto che raggiungono direttamente il cliente. E’ il settore che potrebbe salvare dalla disoccupazione il maggior numero di dipendenti, avendo una certa sicurezza di mercato. Non va dimenticato che in Liguria l’artigianato ha non poche produzioni di eccellenza. Quindi è il settore che merita il “via libera” al più presto. Molto più complesso è il problema del commercio al piccolo dettaglio dove, per forza di cose, è’ maggiore (per non dire massimo) l’impatto con la popolazione e quindi con tutti i rischi del contagio. Certo, le pressioni sulla politica (anche locale) sono forti, per mille motivi, e pure comprensibili. Ma la politica ondeggia. Cerca il consenso e al tempo stesso ha paura e perde lucidità. Ce ne rendiamo conto tutti i giorni.