I riflessi economici (negativi) del coronavirus

di Paolo Lingua

3 min, 17 sec
I riflessi economici (negativi) del coronavirus

Quanto può influire il coronavirus, a margine di tutti i provvedimenti restrittivi preventivi messi in atto dalle pubbliche istituzioni, sull’economia locale e nazionale? Difficile fare, oggi come oggi, una valutazione concreta, perché non è ancora chiaro per quanto verranno i provvedimenti di blocco delle scuole, degli uffici pubblici, di imprese private, di mense, servizi e di attività produttive vere e proprie.  Se i blocchi messi in atto per condizionare la diffusione e dell’infezione avranno una durata temporanea di un mese o di poche settimane si può tranquillamente affermare che i danni economici potranno essere rapidamente riassorbiti. Ma per il momento non sono chiari i tempi e le modalità che saranno messi in campo dal governo e dalle altre istituzioni (regioni e comuni) al fine di effettuare una previsione di massima. Ma le preoccupazioni non mancano. I primi allarmi sono venuti in questi giorni da m della Alleanza delle Cooperative che ha lanciato un allarme al sindaco di Genova: è una vicenda che vede coinvolti ben 800 operatori e 20 cooperative che rischiano la chiusura. Si tratta di attività che si occupano di servizi educativi, assistenza scolastica,, trasporto disabili, mense scolastiche, gestione musei e spazi culturali. Il personale è disponibile ad prestare altre attività di servizio e di cooperazione e sai predispone una ampia proposta ma la situazione non è delle più agevoli. Anche la Uil del settore artigianato ha dichiarato d’essere d’accordo, come gli altri sindacati, delle disposizioni di emergenza sinora stanziate. Ma non si nasconde le incertezze sulla durata delle risorse.

L’Ascom, a sua volta, getta un grido d’allarme e chiede al governo una serie di provvedimenti: proroga di scadenze fiscali, moratoria dei mutui, cassa integrazione e fondi a favore di dipendenti e piccole imprese, indennità speciali per i lavoratori autonomi del settore,  misure nel settore dei trasporti e interventi a favore del “made in Italy”. L’analisi dell’Ascom riflette uno stato di crisi già esistente per altre cause e che vede una problematica inclinazione verso il basso del commercio e del turismo.  Al di là della specifica situazione  genovese e ligure, i settori che per il momento appaiono maggiormente esposti a una crisi sono appunto il turismo e certi settori commerciali-artigianali-industriali con un particolare riferimento  al mondo della moda che una eccellenza tipicamente italiana e che, da alcuni anni, stava trovando il suo apice proprio in Cina, sia per la produzione di certi settori tessili, sia anche per export legato ai comuni dei nuovi ceti dirigenti di quell’immenso stato. Per quel che riguarda il turismo, l’allarme è partito sin da quando si sono diffuse le prime voci sull’infezione. Non solo si è bloccato il movimento turistico nei due sensi da e per la Cina ma, via via, sta fermando un circuito più ampio e complesso che riguarda tutti gli Stati limitrofi dell’Asia e del Medio Oriente (già fermi anche per motivi di guerra e di terrorismo) ma adesso, anche se poi non interverranno modifiche legate ai rapporti internazionali, collegate al “caso – Italia” ritenuta il Pese europeo ma maggior numero di “casi” di infezione. Vedremo come si muoverà nei prossimi giorni il nostro Governo e come si articoleranno le scelte di diplomazia nel mondo occidentale. In parole povere, i dubbi sono molti e le preoccupazioni molto serie3. L’Italia ha una forte esportazione di beni di qualità e di eccellenza ed è al tempo stesso un punto d’arrivo mondiale del turismo da ogni parte, anche per la sua ricchezza artistica, per la sua gastronomia  e per il suo clima. Le perdite potrebbero essere pesanti e non sarebbe proprio il momento adatto, visti i precedenti, per veder crescere i conti in rosso.