I guariti dal coronavirus devono vaccinarsi?

di Paolo Lingua

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I guariti dal coronavirus devono vaccinarsi?

Chi è guarito dal coronavirus si deve vaccinare? Il dubbio, che ha già dato vita nel volgere di 24 ore a una inattesa discussione scientifica tra i virologi italiani, è sorto contestualmente all’annuncio dell’arrivo, dalla metà di gennaio in poi, di milioni di dosi di diverse industrie farmaceutiche internazionali. Ma, per la verità, nessuno si aspettava la nuova problematica. Secondo una parte di scienziati e di ricercatori, chi guarisce dal virus ha una immunizzazione che può nella quasi totalità dei casi andare avanti per molti mesi (si dice da 6 a 9); secondo altri lo stato di immunità può essere anche più prolungato. Ma si sono già avuti non pochi casi di guariti che sono stati nuovamente colpiti dal contagio. Di certezze assolute nessuno è disposto a insistere. Al tempo stesso sono già emersi non pochi virologi che affermano che invece si devono vaccinare tutti: magari i guariti sono meno urgenti di altri casi.

La questione si annuncia assai complicata e comunque non trascurabile. Con qualche voglia di semplificazione è stato calcolato che tra i guariti accertati e quelli che sono di fatto in via di guarigione, già a gennaio di potrebbero calcolare tre milioni di cittadini. In parole povere un numero congruo da collocare in fondo alla classifica delle urgenze. Sino a questo momento, anche dai responsabili politici, è stato detto che i primi a essere vaccinati dovranno essere i medici, gli infermieri e tutti quelli che operano in contesti sanitari: Poi che agisce nel sistema di servizi come le forze dell’ordine e dell’esercito. Poi toccherà ai cittadini più a rischio, quelli che hanno più di 80 anni (categoria che raccoglie la maggior parte dei deceduti) poi passare ai cittadini che hanno più di 60 anni. Sia pure senza obbligo, toccherà poi a tutti gli altri italiani. La previsione più ottimistica indica la probabilità di arrivare a 40 milioni di vaccini tra la fine del 2020 e i primi mesi del 2021. Ovviamente impiegando, sulla base degli annunci e dopo i controlli scientifici dei vertici sanitari europei, prodotti di cinque aziende diverse. E anche questo è un tema complesso perché non sono stati ancora chiariti quali sono gli elementi terapeutici differenziali tra i diversi prodotti che hanno differenti tipi di conservazione e persino prezzi diversi.

Resta, salvo spiegazioni approfondite dei prossimi giorni, in sospeso la problematica sulla somministrazione o meno dei guariti dal virus. Infatti, l’obiezione sulla quale si baserebbe il “no” alla vaccinazione riguarderebbe ogni singola situazione, perché non sono eguali le presenze di anticorpi negli organismi di chi ha debellato l’infezione. In questi casi si afferma che la somministrazione del vaccino “complicherebbe” lo status del paziente invece che produrre effetti positivi immunizzanti. I guariti, in teoria, dovrebbero essere sottoposti ad analisi, prima della eventuale somministrazione, per mettere a punto la percentuale di presenza di anticorpi. In linea di massima il vaccino dovrebbe essere praticato, secondo alcune fonti scientifiche, comunque a persone anziane e fragili. Per il momento, a quel che è dato di capire, dato che gli anticorpi comunque diminuiscono con il passar del tempo, si presume che i guariti potrebbero essere gli ultimi a essere vaccinati perché a un certo momento la precauzione dovrebbe prevalere su qualunque dubbio. Ma siamo all’inizio di un dibattito scientifico. Nei prossimi giorni e nelle prossime settimane è molto probabile che emergano novità. L’importante sarà capire, essere scientificamente sicuri e non essere abbandonati al caso. C’è ancora bisogno, interno al coronavirus, di salde certezze terapeutiche. Con la salute non si gioca ai dadi.