Governo e alleanza Pd - M5s, una marcia tra sentieri impervi
di Paolo Lingua
Come era prevedibile, al di là di tanti annunci - slogan ispirati a un ottimismo che avrebbe fatto sorridere Voltaire, i rapporti tra il Pd e il M5s si fanno ogni giorno più difficili. E ci sono due punti cruciali che sono importanti certamente come contenuti ma che sono però fortemente “simbolici” sui quali non sarà facile trovare una mediazione. Il primo è la revoca delle concessioni autostradali alla Società Autostrade per l’Italia (controllata dalla famiglia Benetton); il secondo è la spinosa questione della legge sulla modifica della prescrizione processuale. Veniamo al primo: i grillini, che sono punitivi e giustizialisti, vogliono colpire (non senza fondamento, sia chiaro) la società che potrebbe avere responsabilità sulla manutenzione delle autostrade. Accanto alla assurda vicenda del crollo dl ponte Morandi sono emerse una infinità di altre pecche, crolli e scarse manutenzioni nelle gallerie e nei percorsi. Il Pd – e soprattutto i renziani – temono decenni di cause e il rischio che lo Stato debba pagare esorbitanti risarcimenti. C’è anche chi sostiene –molte istituzioni in Liguria per esempio – che sarebbe stato meglio obbligare la Società autostrade a ricostruire il ponte e di rimediare tutti i danni a proprie spese e solo dopo il giudizio della magistratura semmai revocare la concessione. Su questo punto non si è andati né avanti né indietro. Più forte la distanza sulla questione della prescrizione che fa parte intrinsecamente del giustizialismo grillino della prima ora ma che recentemente ha visto nettamente contrari, con argomentazioni tecniche, tutti gli ordini degli avvocati italiani, ma soprattutto moltissimi alti magistrati, con la sola eccezione, più che prevedibile, di Davigo magistrato “duro” da sempre. Ma la prescrizione è una riforma difficile da far approvare dal Parlamento: infatti, c’è stata l’impennata di Matteo Renzi che ha annunciato il voto contrario. A questo punto non ci sarebbe più la maggioranza in Senato e, quasi certamente, neppure alla Camere, anche perché, con il voto segreto, sono scontati molti franchi tiratori del Pd. Renzi, in un certo senso, assumendosi la responsabilità della spaccatura, ha fatto indirettamente un favore al Pd che ha messo nell’angolo un M5s spaccato al proprio interno e in palese affanno, anche perché, come accennavamo in queste note nei giorni scorsi, anche un confronto per mettere a punto possibili alleanze per le prossime elezioni regionali è confuso, contraddittorio e viene continuamente rimandato. Ma il sentiero della marcia politica si assottiglia considerato che Pd e grillini, con i piccoli alleati hanno la responsabilità del governo, non possono rimandare alle Calende Greche ogni passaggio e ogni scelta amministrativa per evitare lo scontro. Qualcuno in questi giorni ha adombrato l’ipotesi di scambi di favori tra i partiti: il Pd bloccherebbe la Tav e i grillini chiuderebbero un occhio sulla prescrizione. E’ un’ipotesi troppo grossolana che non avrebbe retto neppure negli anni più bui della cosiddetta “prima repubblica”. Certo, c’è un altro dramma che sovrasta tutta l’impalcatura dell’alleanza di governo: la paura di dover andare alle elezioni. I piccoli partiti temono di non farcela a raggiungere il 5%; Renzi non morde finora il favore dell’elettorato; il M5s prevede un crollo clamoroso; il Pd potrebbe ottenere un buon risultato con una forte ripresa, ma rischia quasi certamente di consegnare il governo al centrodestra. Il pendolo oscilla sempre più obliquamente sulla pianta della politica italiana.
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