Global Circularity Protocol for Business, un nuovo standard per misurare la transizione ecologica

di Simone Galdi

3 min, 37 sec

Un quadro globale armonizzato per valutare l’uso delle risorse, rendere comparabili i dati e collegare circolarità e competitività

Global Circularity Protocol for Business, un nuovo standard per misurare la transizione ecologica

La transizione verso l’economia circolare entra in una fase più operativa con la pubblicazione della versione 1.0 del Global Circularity Protocol for Business (GCP). Per la prima volta imprese, investitori e decisori pubblici possono fare riferimento a un quadro globale condiviso per misurare, gestire e comunicare le performance legate all’uso delle risorse, colmando un vuoto che finora ha limitato la comparabilità dei dati e l’efficacia delle strategie.

Quadro globale - Il GCP nasce con un’ambizione esplicita: fare per la gestione dei materiali ciò che il Greenhouse Gas Protocol ha fatto per la contabilità delle emissioni. Il punto di partenza è una constatazione centrale nel dibattito internazionale: mentre la decarbonizzazione avanza, l’estrazione e l’uso di materiali continuano a crescere. Secondo i dati richiamati dal Protocollo, estrazione e lavorazione delle risorse sono già responsabili di oltre il 55% delle emissioni globali di gas serra, con impatti diretti anche su biodiversità e sicurezza degli approvvigionamenti. Senza un cambio di paradigma sull’uso dei materiali, l’obiettivo del net zero rischia di restare irraggiungibile.

Standardizzazione - La principale novità introdotta dal GCP è l’armonizzazione. Finora la circolarità è stata misurata attraverso indicatori eterogenei, spesso proprietari e difficilmente confrontabili. Il Protocollo propone un linguaggio comune che consente alle imprese di confrontare le proprie performance, definire obiettivi credibili e rendere i dati utilizzabili anche da investitori e regolatori. Un passaggio chiave in un contesto in cui la rendicontazione di sostenibilità è sempre più centrale.

Metodo operativo - Il Global Circularity Protocol non si limita a indicare cosa misurare, ma definisce un percorso in cinque fasi: definizione degli obiettivi, preparazione dell’analisi, misurazione delle performance, gestione dei risultati e comunicazione. L’approccio è modulare e adattabile, utilizzabile sia a livello di singolo prodotto sia sull’intera organizzazione, tenendo conto dei diversi livelli di maturità aziendale.

Flussi di materiali - Al centro del Protocollo c’è la misurazione dei flussi lungo la catena del valore. La versione 1.0 individua categorie prioritarie su cui concentrare l’analisi: biomasse, metalli, minerali non metallici, plastiche, risorse fossili usate come feedstock, materie prime critiche e materiali pericolosi. La scelta riflette un approccio di systems thinking, che supera una visione limitata al solo riciclo.

Approccio sistemico - Nel GCP la circolarità non coincide semplicemente con la chiusura dei cicli. Conta anche la riduzione dell’uso complessivo di materiali, l’allungamento della vita dei prodotti, la prevenzione degli sprechi e la rigenerazione dei sistemi naturali. Questi aspetti vengono collegati a impatti climatici, ambientali, sociali ed economici, sottolineando che “quanto materiale si evita di usare” è un indicatore altrettanto rilevante di quanto se ne recupera.

Interoperabilità - Un altro elemento centrale è il dialogo con gli standard esistenti. Il Protocollo è stato progettato per essere coerente con GRI, ESRS, IFRS S1 e S2, GHG Protocol e le norme ISO sulla circolarità. In Europa questo aspetto assume particolare rilievo alla luce della CSRD: il GCP non sostituisce gli obblighi normativi, ma offre uno strumento concreto per misurare ciò che le norme richiedono di rendicontare.

Competitività e finanza - Il rapporto insiste su un messaggio economico preciso: migliorare la gestione dei materiali significa ridurre rischi legati alla volatilità dei prezzi, alle dipendenze strategiche e alle interruzioni delle catene di fornitura. Non a caso il Protocollo guarda con attenzione al mondo finanziario. Dati comparabili e verificabili sulla circolarità possono orientare gli investimenti e rendere più valutabile il reale valore delle strategie aziendali. Secondo l’analisi citata, una diffusione su larga scala del GCP potrebbe portare entro il 2050 a risparmi cumulati di materiali tra 100 e 120 miliardi di tonnellate e a una riduzione delle emissioni globali di decine di gigatonnellate di CO₂ equivalente.

Punto di partenza - La versione 1.0 è dichiaratamente iniziale. Alcuni ambiti, come acqua ed energia come vettore, sono esclusi per mantenere il focus operativo, ma il Protocollo apre a sviluppi futuri: obiettivi scientifici per la circolarità, maggiore integrazione con il design dei prodotti, attenzione a inquinamento e tossicità e al ruolo dei comportamenti dei consumatori. L’efficacia del GCP dipenderà ora dalla sua adozione concreta e dalla capacità degli attori coinvolti di trasformarlo in pratica condivisa.

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