Gli aspetti critici dell’industria in Liguria
di Paolo Lingua
Le federazioni sindacali della Liguria hanno reso noto che nel 2020, rispetto all’anno precedente, la Liguria ha perduto 11 mila posti di lavoro, quasi tutti dipendenti. Rispetto all’industria, che è il settore che ha tenuto di più, i punti critici restano il commercio e l’artigianato. Sono pesanti i punti interrogativi che riguardano il 2021, considerato che le situazioni di crisi non accennano a diminuire. Ma a voler fare una carrellata su tutti i settori, mentre sono evidenti i motivi di stop se non di chiusure nell’area appunto del commercio al minuto e del piccolo artigianato, non mancano i dubbi e le preoccupazioni nel campo dell’industria per molte notizie che riguardano anche gruppi di grandi dimensioni che annunciano momenti critici. Proprio stamani ci sono state due ore di sciopero dei lavoratori del gruppo Leonardo (erede della Finmeccanica) del settore Business Unit Automation.
I vertici dell’azienda hanno infatti annunciato nei giorni scorsi di cercare un partner industriale per la ex Elsag che ha ancora un segmento di 400 occupati (per le altre attività si arriva a 1700 dipendenti). In realtà, dopo notizie contrastanti provenienti dai vertici di Leonardo, si è capito che il settore produttivo nel campo civile annuncia una crisi e si punta oltre che alla vendita anche alla riduzione dell’occupazione. Le strategie, a quanto sembra, anche se come si è detto le fonti sono contraddittorie , sembrano tutte inclini alle produzioni rivolte al settore militare che, com’è noto, è il più redditizio. Di qui la preoccupazione molto viva del rischio di tagli, se non addirittura di chiusure, proprio a Genova. E, in un momento di crisi generalizzata a causa della pandemia, ulteriori tagli e licenziamenti porterebbero gravi danni economici al territorio.
Accanto alla questione grave d’un settore storico e tradizionale come Leonardo, emergono ancora una volta le ansie per le sorti dell’Ilva perché ci sono dure prese di posizioni da parte dei vertici europei per mancati interventi di difesa del territorio (Taranto in particolare) gravemente danneggiato dall’inquinamento ambientale. C’è anche il rischio, sempre a Taranto, della chiusura per ordine della magistratura del settore produttivo “a caldo” che porterebbe alla collocazione di molti dipendenti (migliaia addirittura) in cassa integrazione. Una situazione che provocherebbe effetti pesantemente negativi anche a Genova, dove di lavora solo a freddo ma si opera sui prodotti di Taranto. Il che vorrebbe dire nuovi tagli e nuovi momenti di crisi, mentre ancora non si è chiarito in via definitiva quale sarà la strategia del gruppo internazionale Arcelor Mittal che ha acquisito l’azienda ma che sembra doverla cedere nuovamente allo Stato che acquisirebbe il pacchetto di maggioranza.
Meno drammatica appare invece la situazione di un’altra azienda storica della Liguria, ovvero la Piaggio Aero che avrebbe già incamerato importanti commesse nel settore aereo, ma che per il momento, non ha ancora risolto la questione delicatissima della cessione. Ci sono numerose offerte sul mercato ma che per il momento non appaiono convincenti alla gestione commissariale. In questo caso si oscilla appunto tra un certo ottimismo di fatto del mercato a molte incertezze su quella che sarà la gestione azionaria e operativa a tutti gli effetti dell’azienda che si trascina in una sorta di crisi di identità da più di vent’anni. Questa, in linea di massima, la radiografia di aziende e imprese storiche del territorio ligure che hanno problemi intriseci, legati ai loro mercati e alle loro produzioni, ma in parte condizionati da un momento storico difficile per tutto il mondo dell’industria e della finanza (basterebbe pensare alle difficoltà della Carige che assomma gestioni passive e che è in attesa d’uno sbocco strategico ma la cui sorte è condizionata da una serie di azio0ni legali penali e civili che riguardano0 il recente passato). I prossimo mesi si annunciano un percorso difficile e accidentato.
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