Giovanni Toti e il “dream” della leadership dei moderati

di Paolo Lingua

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Giovanni Toti e il “dream” della leadership dei moderati

La vittoria alle elezioni regionali di Giovanni Toti è stata, forse, al di sopra delle previsioni, anche se di fatto scontata. Le novità piuttosto riguardano il sorpasso della lista del presidente “Cambiamo!” rispetto alla Lega, mentre Forza Italia è scesa un po’ al sotto delle aspettative, tanto è vero che è assai probabile che resti fuori dalla giunta che è in via di costruzione (con piccole polemiche tra gli alleati per “un posto in più” che vede in contesa Lega e Fratelli d’Italia). Nei giorni scorsi non sono mancate punzecchiatura a Toti da parte di vecchi “amici” natiti con lui in Forza Italia alla corte di Silvio Berlusconi : prima Mulè ex direttore di “Panorama” e poi, più deciso, Tajani, l’attuale luogotenente operativo  dell’ex Cavaliere. Toti ha annunciato nei prossimi giorni un incontro con Marta Carfagna con la quale è in dialogo da prima delle elezioni. La Carfagna da tempo è critica sulla gestione di Forza Italia che teoricamente vorrebbe “ammodernata”e in grado di raccogliere un potenziale voto moderato e liberale di area dim centro che per il momento è disperso in mille rivoli, dopo la sostanziale perdita della leadership di Berlusconi. Toti per la verità, con il suo movimento ci aveva già provato due anni fa, ma a livello nazionale aveva raccolto poco o nulla. La vittoria elettorale ha rilanciato iol suo sogno che sarebbe appunto di dar vita a uno schieramento collocato nel centrodestra, ma non populista, non sovranista e di radici moderate e liberali. Toti che percorre ventre a terra tutte le trasmissioni politiche nazionali inondando torrenti di comunicazione e di slogan da sempre sogna di essere il reale erede di Silvio, ma è evidente che, per il momento, Berlusconi è contrario e a Toti è ostile il “cerchio magico” dei parlamentari e dei dirigenti di Forza Italia. Difficile per il momento una vittoria diplomatica così come è ancora più ardua una conquista “manu militari”. L’idea di dar vita a un “centro” forte non è solo sorta nell’area di centro0destra. Ci hanno pensato , nell’ala moderata del centrosinistra, anche Renzi e Calenda, ma senza ottenere sostanziali esiti numerici. Altri raggruppamenti (quello di Lupi o “Più Europa” della Bonino) sono elettoralmente esigui. Non solo; proprio in queste settimane, forse per recuperare qualche passo falso di comunicazione eccessiva del passato, si sta spostando un po’ più verso il centro, strizzando l’occhio al partito popolare, addirittura Matteo Salvini che ha alle spalle una luogotenenza più moderata e critica (Zaia, Giorgetti). Salvini ha all’origine della Lega un movimento di scontenti e un po’ qualunquisti, ma soprattutto al Nord, ha anche un voto borghese e piccolo imprenditoriale che rischia, anche a livello europeo, di finire nella palude del voto della Le Pen che in genere ottiene vittorie nelle battaglie ma sempre, in Francia e in Europa,

perde sistematicamente le guerre. Ora si tratterà di verificare quanto peso avranno gli ultimi spostamenti di Salvini: potrebbero tagliare la strada alla ambiziosa marcia di Toti? La geografia politica italiana in questo momento è troppo fragile e mutevole per poter fare calcoli e previsioni di precisione. Bastaa pensare a complessi intrecci in corso in funzione delle elezioni amministrative di primavera  con una situazione confusionale tra Pd e M5s sia sulle persone, sia sulle alleanze. Quante chances ha dunque Toti per diventare un leader nazionale in tempi ragionevoli? Difficile azzardare previsioni, anche perché per il momento sul piano dei suffragi non ci sono i numeri che servono. Si pro0segue sul sentiero della propaganda e degli spot.