Genova, sfogo anonimo di un sacerdote: "Qui non si annuncia Cristo, ma un programma politicamente corretto che potrebbe essere quello del Pd"

di steris

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Aldo Maria Valli, già vaticanista Rai, pubblica sul suo blog 'Duc in Altum' la lettera aperta di un uomo di Chiesa della nostra città

Genova, sfogo anonimo di un sacerdote: "Qui non si annuncia Cristo, ma un programma politicamente corretto che potrebbe essere quello del Pd"

“Un grido di dolore per una situazione che, afferma, è ormai diventata insostenibile.” Così il giornalista Aldo Maria Valli, per molti anni vaticanista Rai, introduce sul suo blog Duc in altum un documento presentato come una lunga lettera ricevuta da un sacerdote della diocesi di Genova che chiede di restare anonimo. Un documento intenso, preoccupato, che offre un punto di vista critico e drammatico della vita ecclesiale genovese a cinque anni dalla nomina di padre Marco Tasca come arcivescovo. Una riflessione personale, ma condivisa — scrive il sacerdote — da molti confratelli ormai scoraggiati e disorientati.

“Uno smantellamento in corso” - "Da anni — si legge nella lettera — stiamo assistendo a un vero e proprio smantellamento della diocesi, in modo particolare dal luglio di cinque anni fa, con la nomina a vescovo di padre Marco Tasca, già superiore generale dei Frati minori conventuali". Pur riconoscendo una crisi generale nella Chiesa universale, il sacerdote ritiene che la situazione genovese sia precipitata in un processo di “auto-dissolvimento”, dove le strutture tradizionali vengono stravolte e il ruolo del sacerdote viene progressivamente svuotato. Al centro di questa trasformazione ci sarebbe il cammino sinodale, gestito da un’équipe di laici selezionati secondo criteri che il sacerdote definisce “elitario-progressisti”: "professori universitari, avvocati, gente della Genova bene […] ex sessantottini e ultra-progressisti". Secondo l’autore, costoro promuovono "la marginalizzazione del sacerdote e dei sacramenti", puntando a un modello ecclesiale fondato sulla centralità dei laici, ma con un’impostazione ideologica più che evangelica.

“Fraternità di parrocchie” e il ruolo del sacerdote - Uno dei punti più contestati è il modello delle “fraternità di parrocchie”, in cui un singolo sacerdote — spesso giovane e alla prima esperienza pastorale — viene messo a capo di più comunità, affiancato da équipe di laici che, di fatto, prendono in mano la gestione quotidiana delle attività, inclusa la liturgia. "Ultimamente alcuni parroci sono stati nominati moderatori (qualifica che non esiste nel diritto canonico) e a loro sono state affidate più parrocchie. […] Non perché manchino i preti, ma per cambiare la natura del prete e lasciare più spazio ai laici". Un caso emblematico riportato nella lettera è quello di un giovane sacerdote in Val Bisagno, al quale, in veste di moderatore, sono state affidate quattro parrocchie: "Il predecessore si era opposto a questo sistema", annota amaramente l’autore.

Il sacerdote lamenta un cambio di paradigma che ha svuotato il senso stesso della vocazione. "Chi mostra riluttanza viene emarginato, mentre chi accetta si ritrova in un ruolo che fa perdere al pastore la sua identità come guida della comunità". Tra gli slogan che critica più aspramente: “fare insieme”, “camminare insieme”, “preferisco non avere ragione che perdere la relazione”, etichettati come "frasi melense".

Secondo la lettera, il seminario stesso è in crisi, "ai minimi storici" trasformato in un centro di esperienze sociali, mentre "niente preghiera, e niente frutti".

“Una deriva ideologica” - Il documento si sofferma anche su aspetti che l’autore considera espressione di una deriva ideologica: "Alcune donne dell’équipe sinodale fanno parte di un movimento catto-femminista protagonista di illecite liturgie, con il prete nel ruolo di “presidente” e le donne che gestiscono tutto". Vengono poi menzionate “immancabili veglie contro l’omotransfobia”: "Si parla continuamente di inclusione, ma non per convertire le persone bensì per approvare il peccato".

“Cristianesimo che evapora” - Il sacerdote esprime il timore che, al posto dell'annuncio cristiano, stia emergendo un’agenda più politica che pastorale: "In primo piano non c’è la salvezza delle anime, non c’è l’ansia di portare Cristo, bensì un programma sociale politicamente corretto che potrebbe essere quello del Partito Democratico: ecologismo, parità di genere, inclusione, dialogo. E così il cristianesimo evapora e muore".

Neppure l'elezione di Leone XIV, dopo la scomparsa del più che controverso Bergoglio, sembra alleviare l'angoscia dello scrivente: "Al momento l’avvento di Prevost al pontificato non ha portato un cambio di rotta. Si continua con gli slogan, ciechi di fronte alla gravità della situazione".

Il bilancio è duro. E la conclusione ancora più amara: "Alcuni di noi cercano di restare cattolici, ma la sensazione è che si sia arrivati al limite".

L’invito di Valli ai suoi lettori è chiaro: "Chi volesse intervenire in proposito, può scrivere a questo indirizzo: blogducinaltum301@gmail.com". Un appello alla discussione, per approvare o contrastare questa presa di posizione.

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