Genova, Pontali a Telenord: "Mancano i posti letto, chi arriva al Galliera può aspettare parecchie ore"
di Alessandro Gardella
Il direttore del reparto di malattie infettive dell'ospedale Galliera: "Non c'è una sospensione effettiva delle attività, ma siamo in difficoltà con il personale"
Momento di difficoltà per gli ospedali genovesi (e non solo), nuovamente sotto pressione da una nuova ondata di ricoveri a causa del Covid. Ne abbiamo parlato con Emanuele Pontali, direttore del reparto di malattie infettive dell'ospedale Galliera, che ai nostri microfoni ha fatto il punto della situazione: "In questo momento le cose sono appena cambiate, sono stati ristrutturati alcuni reparti per queste esigenze di fare posto ai pazienti positivi e recuperare personale. Questo però nell'ottica di garantire le procedure urgenti per chi ha necessità, soprattutto per chi ha malattie oncologiche e situazioni non procrastinabili. Le attività ambulatoriali non sono state sospese, sono state sospese invece le visite ai pazienti tranne in alcuni casi. Per avere un maggiore filtro nelle persone che arrivano dal pronto soccorso e vengono ricoverati nei vari reparti. Di sospensione effettiva delle attività non ce n'è, c'è qualche difficoltà nel trovare posti letto per i pazienti non Covid. Le attese si prolungano molto".
"Dobbiamo considerare che un reparto Covid - prosegue Pontali - richiede dal punto di vista del personale quasi il doppio delle risorse di un reparto di pari posti letto. C'è infatti la necessità di cambiarsi continuamente, seguire i pazienti che hanno criticità respiratorie. Se noi aumentiamo il numero dei reparti come è stato necessario, dobbiamo prendere queste risorse da altre parti. La criticità più evidente è per le persone che hanno una necessità di un posto letto, chi arriva adesso rischia di dover attendere parecchie ore. La coperta è corta, molto è successo a cavallo del fine settimana dove le risorse sono tipicamente più limitate. E' una catena. Una volta individuate le aree dove spostare tutti i pazienti positivi, vengono pulite le altre aree, riabilitate per gli altri pazienti per cercare di togliere pressione al pronto soccorso e cercare di garantire un posto letto".
Pontali ha proseguito, parlando del tipo di persone che ultimamente stanno avendo bisogno della terapia intensiva: "Possiamo fare due distinzioni. Una è quella delle terapie intensive, dove vediamo una quantità di non vaccinati veramente elevata e sono quelli che hanno le forme più violente. Quei pochi vaccinati in genere sono pazienti con altri problemi di salute che li accompagnano, rendendoli più fragili per i quali anche una forma non gravissima di Covid può risultare letale. Sotto la rianimazione abbiamo i livelli semi intensivi e anche qui la stragrande maggioranza è costituita da persone non vaccinate, anche se qui qualche vaccinato sicuramente c'è. La maggior parte delle forme lievi raccoglie i vaccinati positivi, che possono diventare forme gravi magari dettate dall'età anziana. Il 95% di questi sono però persone che non hanno ancora fatto la terza dose, fondamentale per proteggerci dalla variante delta e dalla variante omicron. L'aver ritardato la terza dose per molte persone è stato deleterio".
Pontali ha parlato anche del tema della vaccinazione per i bambini da 5 a 11 anni, partita nella giornata di oggi: "Abbiamo sentito per mesi l'associazione americana dei pediatri insistere sull'approvazione senza gli studi, da quanto erano importanti a loro giudizio per queste fasce d'età. L'approvazione è arrivata dopo gli studi fatti, su un'età in cui imperversava già la variante delta. Il vaccino ha un profilo di sicurezza buono, quello che possiamo dire è che non si discosta dal profilo di sicurezza che ha sugli adolescenti. Dai 5 anni in su abbiamo la stessa tranquillità fino ai 18. Perchè farlo? Perchè fare il Covid nell'età pediatrica è pericoloso, non per tantissimi bambini, ma per una fetta significativa sì e con la vaccinazione questo rischio si riduce. Riducendo la circolazione del virus dobbiamo proteggere anche quei bambini che non possono fare il vaccino per altri tipi di patologie. Gli effetti collaterali che si possono avere con il vaccino hanno dimostrato di essere reversibili e significativamente proteggono dagli effetti del Covid, che ha mietuto anche qualche vittima a livello nazionale. Abbiamo a che fare con degli esseri umani in fase di sviluppo, in cui il sistema immunitario non è ancora maturo e più facilmente soggetto anche a reazioni eccessive. Grazie alle terapie intensive i ragazzini si salvano, ma sono esperienze non belle per i nostri ragazzi, traumi veramente importanti".
Infine, un punto sulle conseguenze che il Covid potrebbe lasciare sui giovani anche a lungo termine: "Per gli adulti abbiamo dimostrato che chi ha avuto la polmonite ha degli esiti che si portano avanti e non sappiamo quanto saranno gravi. Per i bambini, più che sul sistema respiratorio può andare incidere sul sistema immunitario, su dei malfunzionamenti. Questo è difficile da prevedere ed è una delle grosse preoccupazioni di lasciar circolare questa infezione".
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