Genova: morto in porto, si indaga su tentativo di depistaggio
di steris
Un camallo, infatti, dichiarò di essere stato lui alla guida del mezzo che aveva travolto Macciò
La notte della morte del portuale Giovanni Battista Macciò, prima dell'arrivo delle forze dell'ordine, qualcuno cercò di alterare le indagini. Un camallo, infatti, dichiarò di essere stato lui alla guida del mezzo che aveva travolto Macciò nel piazzale del terminal Psa di Pra', e non Patrizio Randazzo. Le ragioni dietro queste informazioni errate sono oggetto di indagine da parte della procura.
La scoperta del tentativo di depistaggio è avvenuta grazie alla testimonianza di uno dei responsabili del terminal Psa, tra i sette indagati, che ha rivelato l'accaduto. Il dipendente, prima dell'arrivo degli ispettori della Asl 3 e della polizia stradale, aveva controllato i registri delle presenze e constatato che quella notte era Randazzo a essere in turno e alla guida del mezzo.
Dopo aver informato il diretto interessato, la verità è stata raccontata agli inquirenti. Le autorità ora indagano sul motivo di questo tentativo di copertura, ipotizzando che qualcuno volesse proteggere Randazzo, magari per nascondere un possibile risultato positivo al test antidroga o per un conflitto avvenuto in precedenza con il portuale che guidava l'altra ralla e che è rimasto ferito. Quest'ultimo, ascoltato come testimone, ha negato qualsiasi litigio e ha spiegato che la manovra era di routine.
Oltre a Randazzo, la procura ha iscritto nel registro degli indagati anche Antonio Benvenuti, console della Culmv (Compagnia unica lavoratori merci varie), insieme ad altri dirigenti e membri del Psa. Questa è una formalità che consente loro di partecipare alla perizia sul mezzo con i propri esperti. Per Randazzo, si ipotizzano responsabilità legate a controlli insufficienti sui dipendenti, mentre per i dirigenti del terminal, potrebbero emergere profili di omissione nella gestione delle manovre all'interno del piazzale.
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