Genoa, Zangrillo: "Con il Torino è veramente la partita della vita"
di Redazione
"La nuova proprietà è una scelta di rottura. Il Genoa è uno degli strumenti che devono rilanciare Genova e la Liguria"
«Non vorrei usare le solite frasi di circostanza o noiose iperboli calcistiche, ma per noi quella col Torino è veramente la partita della vita». Una lunga intervista al direttore del Corriere dello Sport Ivan Zazzaroni per spiegare come il presidente del Genoa Alberto Zangrillo sta vivendo la vigilia della gara di venerdì contro il Torino.
Non manca nemmeno un accenno alle recenti lamentele relative all'ultima apparizione della squadra di Juric. "Spero che il vento che a Genova spira da nord non faccia cadere troppi giocatori... . «Ho fiducia nell'arbitro Mariani e nel calcio".
Poi, la spiegazione perché questa gara è così importante per un genoano diventato presidente. "Avverto fisicamente la responsabilità, soprattutto da quando ho assunto la presidenza di un club che per me rappresenta qualcosa di speciale. Il Genoa è il secondo amore, dopo la mia famiglia. Sono cresciuto nell’ortodossia rossoblù. È stato il costante punto di contatto tra le mie origini e tutto il resto. Milano, un luogo che ti assorbe, gli studi, la professione, l’ospedale, la ricerca. Me lo sono portato dentro, il Genoa. Sempre. Avevo 14 anni quando lasciai Genova, ad aprile saranno 64 e mi piace pensare che questo incarico chiuda simbolicamente un cerchio esistenzial-sentimentale».
Ma perché Alberto Zangrillo ha deciso di imbarcarsi in questa avventura? «La consapevolezza di poter far bene. Partendo dalla mia crescita professionale, dalle capacità relazionali che mi riconosco, dalle dinamiche della gestione di un gruppo che sono parte integrante del mio lavoro. L’obiettivo che mi sono posto, al di là della fondamentale salvezza, sia chiaro, è aumentare la reputation del club. Che ha una storia straordinaria e deve recuperare la centralità all’interno del sistema calcio. Non sono concetti astratti, mi dia retta. Capisco che non è semplice far capire agli altri cosa sia la genoanità. Le porto un esempio recente. Avrà visto le immagini: alla fine della partita con l’Atalanta sono andato con Josh Warner e Andrés Blazquez sotto la curva per ringraziare la nostra tifoseria e mi sono commosso, ho pianto. Lo so, non è normale».
In un certo senso è una scelta di rottura, la sua. «C’era la necessità di una rottura in termini di mentalità. E penso che il Genoa l’abbia dimostrato anche sul mercato. Il progetto è a medio-lungo termine ma non stiamo tralasciando assolutamente il breve. E il brevissimo, per questo penso a Genoa-Toro. Il nostro è un brand straordinario e mai utilizzato appieno, quasi riconosciuto più all’estero che in Italia. Modelli come Atalanta e Sassuolo sono da copiare e vincenti, e se hai alle spalle la storia esiste un trampolino di lancio importante. Il tutto in una città con una potenzialità e un appeal eccezionali in termini di turismo. Il Genoa è uno degli strumenti che devono rilanciare Genova e la Liguria».
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