Genoa, Serie A sempre più vicina. Nonostante i rigori mancanti e un Gilardino poco ispirato
di Gessi Adamoli
La Serie A è sempre più vicina! La matematica dice che se il Genoa fa 4 punti nelle prossime due partite (Ascoli a Marassi e trasferta a Frosinone), lo scontro diretto dell'ultima giornata diventerebbe una passerella trionfale per Sturaro e compagni. Se poi, sabato a Modena, il Bari non dovesse andare oltre il pari, tre punti col Frosinone significherebbero la promozione matematica.
Non si copre di gloria il Genoa a Bolzano ma in virtù del contemporaneo pareggio del Bari in casa contro il Cittadella, ed è questa la cosa più importante, compie un passo probabilmente decisivo verso la promozione. Non convince la squadra, stranamente lenta ed involuta. Per una volta non convincono nemmeno i cambi di Gilardino. E soprattutto non convince l'arbitro Di Bello.
Ma procediamo con ordine. Nel civettuolo stadio Druso, con le fisarmoniche a suonare in campo prima della partita e con la tradizionale cassetta di mele consegnate dal capitano Tait a Sturaro, non c'è il solito Genoa. Il clima da festa paesana non c'entra, piuttosto è l'atteggiamento tattico del Sudtirol che mette in imbarazzo la squadra rossoblù. Squadra stretta e corta, tutte le linee di passaggio chiuse preventivamente. E la palla gira lenta, troppo lenta. Ci sono anche troppi errori di disimpegno, non abituali per chi in precedenza aveva ben altre percentuali di passaggi riusciti. Addirittura il Genoa, che in porta ha tirato pochissimo (il clamoroso palo interno di Gudmundsson è l'unico sussulto), nel primo tempo ha rischiato di andare sotto se Martinez non avesse regalato un'altra perla ad una stagione che, dopo le incertezze iniziali dovute al fatto di non aver giocato per troppo tempo, si può tranquillamente definire strepitosa. Su Odogwu, che da pochi metri ha calciato a botta sicura, si è comportato come un portiere di pallamano: ha fatto un balzo in avanti cercando contemporaneamente con le braccia e col corpo di aumentare il più possibile il volume del corpo sperando di essere colpito. Ed è andata proprio così, l'attaccante del Bari l'ha centrato su un tacco. Sicuramente fortunato ma anche bravo.
Capitolo Gilardino. Il tecnico ha capito che occorreva cambiare l'inerzia della partita ma, se nelle 19 precedenti partite della sua gestione i cambi era sempre stati assolutamente condivisibili, questa volta ha sorpreso tutti sostituendo Coda nell'intervallo. Al suo posto ha messo dentro Ekuban che di fatto, ad eccezione dell'episodio del rigore non concesso, non è mai entrato in partita. Rinunciare a Coda è sempre un sacrificio e si è rivelato utopistico affidarsi ad Ekuban come terminale offensivo e dunque col compito di reggere palla per favorire gli inserimenti da dietro. “Coda non di discute – ha spiegato Gilardino – ma a me in quel momento occorreva un altro tipo di giocatore. Loro erano stati bravi a non concederci profondità e così a noi serviva un attaccante che la profondità se l'andasse a cercare”. Tutto però è rimasto a livello di intenzioni. E contro un avversario molto fisico è anche apparso tardivo l'inserimento di Jagiello, tanto più che Sturaro e Strootman avevano spesso moltissimi.
E veniamo all'arbitro Di Bello. Ma come ha fatto a non fischiare il fallo di mano di Masiello nel primo tempo? Il braccio era largo e la palla lo colpisce in pieno. In questo calcio surreale abbiamo visto fischiare interventi con il braccio molto meno aperto. Per non andare troppo indietro, basti a ripensare a Pisa-Bari di domenica scorsa e all'intervento di Caracciolo giudicato da rigore. Moltissimi anche i dubbi per un intervento in area di Zaro ai danni di Ekuban che è costata l'espulsione al mister Gilardino. “Il difensore è rimasto fermo, non si è mosso”, è stata la spiegazione di Di Bello. Sta di fatto che in nessuno dei due episodi contestati Mariani, lui pure internazionale, ha ritenuto di dover intervenire. E così Gilardino non ha ancora avuto l'onore di vedere un rigore assegnato alla sua squadra. Tutto questo mentre a Bari veniva negato da Massa di Imperia un rigore solare al Cittadella.
Ma ormai la corazzata Genoa è quasi in porto. E i numeri ribadiscono l'eccezionale lavoro svolto dal tecnico di Biella. Su 20 partite ne ha vinte 13, pareggiate 6 e persa una soltanto. E con quello di ieri sono venti su 35 le partite in cui la porta del Genoa è rimasta inviolata.
(foto Facebook Genoa Cfc)
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