Genoa senza gol, ma i tifosi hanno entusiasmo: non si disperda questo patrimonio
di Gessi Adamoli
3 min, 59 sec
Ancora un pareggio casalingo, il terzo su quattro partite. Ancora una partita a Marassi in cui il Genoa non riesce a trovare il gol. In campo Coda, Aramu, Yalcin e Gudmundsson, in panchina Puscas (un nazionale rumeno) e Yeboah ed in tribuna l'infortunato Ekuban: l'attacco del Genoa dovrebbe essere un'infernale macchina da guerra. Invece tra Benevento, Modena e Cagliari ha segnato la miseria di una rete.
Insomma, la montagna ha partorito il topolino. Però sarebbe sbagliato vedere il bicchiere mezzo vuoto. In fondo sono state costruite cinque nitide palle gol. Un paio, poi, addirittura clamorose. E davanti c'era quella che insieme al Genoa è la grande favorita del campionato, il fatto che il Cagliari si sia approcciato alla partita con grande umiltà, pensando unicamente a difendersi e a ripartire in contropiede pur avendo giocatori di grande qualità, dimostra in quale considerazione viene tenuta dagli avversari la squadra rossoblù.
Il Genoa al solito ha usato pochissimo le fasce e non ha messo in mostra una manovra fluida e avvolgente come invece aveva fatto con successo a Ferrara. Ma ha avuto lampi irresistibili. Per esempio quando Gudmundsson partiva palla al piede e seminava agli avversari come birilli. L'islandese, anche se è calato alla distanza, è stato per distacco il migliore in campo. Un difetto, però, lo deve eliminare: restare comunque in piedi in area quando gli avversari gli entrano sulle gambe. E Yalcin, che si è visto pochissimo, si è però inventato una giocata sublime quando ha fatto passare la palla in mezzo alle gambe di un difensore e poi ha servito Aramu. Sarebbe bastato che l'ex giocatore del Venezia, invece che provare la conclusione ribattuta da un avversario, avesse a sua volta innescato Gudmunson e saremmo qui a commentare un'altra partita.
Questo zero a zero col Cagliari non sai invece come leggerlo. Puoi anche dargli un'interpretazione positiva perché, in fondo, la squadra rossoblù le palle gol le ha create e sicuramente avrebbe meritato di vincere. Ma il calcio non è il pugilato, la vittoria ai punti non è contemplata. E allora è legittima anche la posizione di chi gli dà una lettura negativa perché non ci sta, davanti ad un pubblico straordinario, fare sempre così fatica per prendersi quello per logica conseguenza spetterebbe ad una squadra costruita per tornare subito in serie A. “Per noi un pareggio in casa è come una sconfitta”, aveva commentato la proprietà dopo lo zero a zero col Benevento e c'è da ritenere che questo ruolino di marcia non soddisfi particolarmente i 777. Per il momento però i conti tornano perché il Genoa di Blessin ha ribaltato il concetto di media inglese: vince in trasferta e pareggia in casa.
Ma il minimo sindacale non basta, è legittimo a questa squadra chiedere e pretendere di più. Venerdì sera a Marassi c'erano quasi trentamila persone (26 mila tra paganti e abbonati più gli immancabili “ingressi di favore”) e tantissimi erano giovani. Un passaggio generazionale quasi commovente perché conferma che il Genoa ha valori forti e radicati. La dignità con la quale i tifosi sono andati incontro alla retrocessione è stato un segnale bello e fiero che in molti hanno recepito. L'orgoglio rossoblù ha contagiato un po' tutti e c'è una straordinaria voglia di partecipazione. Un po' come quando Pippo Spagnolo organizzò la carovana di macchine per Oviedo e la parola d'ordine era: “Mi gh'eo!”. Io c'ero! Il cambio di proprietà ha portato un'iniezione di entusiasmo che da troppo tempo erano sopiti. Questo ritrovato patrimonio di passione non ci si può permettere che vada disperso, soprattutto andando dietro alla stucchevole querelle Blessin sì - Blessin no. L'allenatore in questo delicatissimo momento di ricostruzione è soltanto uno strumento, un mezzo per recuperare quella serie A che al club che ha portato il calcio in Italia spetta di diritto. Vietati gli innamoramenti anche perché al momento assolutamente immotivati, ma anche le critiche a priori.
Vietato anche il paragone con Franco Scoglio. E non solo perché il Professore, con una delle sue straordinarie iperboli, aveva illustrato di avere “21 modi per battere i calci d'angolo”, mentre il Genoa di Blessin ne ha battuti 46 tutti alla stessa maniera (senza propiziare nemmeno una rete): palla nel mucchio. Fa eccezione quello al secondo minuto della partita col Modena, quando la palla arrivò niente meno che al portiere Martinez. Ma soprattutto la stima e l'affetto incondizionato dei tifosi, il professor Scoglio se l'era guadagnato prima coi risultati e successivamente non perdendo occasione per mostrarsi fiero di essere genoano. Ma quello dopo la cavalcata trionfale con la quale aveva riportato il Grifone in serie A.
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