Genoa: buona la prima senza Dragusin, ma ora plusvalenza generi plusvalenza

di Gessi Adamoli

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Genoa: buona la prima senza Dragusin, ma ora plusvalenza generi plusvalenza
Come i recenti fatti di Acca Larenzia hanno confermato siamo un popolo di nostalgici, di “quando c’era lui, caro lei” e di “si stava meglio quando si stava peggio”. Al punto che la cessione di Dragusin sui social e nei bar (luogo antico per socializzare ma dove l’interlocutore ha un volto e un nome) oltre a tutta una serie di comprensibili mugugni, perché non è mai bello vedersi cedere il giocatore migliore, ha scatenato in qualcuno anche il rimpianto per gli anni in cui al vertice della società c’era Enrico Preziosi. Quelli in cui i giocatori migliori venivano comunque venduti ed il debito aumentava.
 
E c’è stato qualche scricchiolio anche da parte di chi, solo qualche giorno prima, macabramente dichiarava che “chi attacca i 777 dovrà passare sul mio cadavere”.
 
Sosteneva l’immenso Pippo Spagnolo (immenso per aver sempre avuto una visione per quanto riguarda il mondo Genoa proiettata in avanti): “Anche il migliore dei presidenti non potrà mai essere il presidente ideale perché comunque per noi tifosi dovrebbe fare qualcosa in più. Lui è il padrone e noi siamo il sindacato”. Però, conscio che ci sono momenti in cui è indispensabile fare cassa, fu proprio Pippo che convinse Turone ad accettare il trasferimento al Milan (“lo devi fare per il bene del Genoa…), quando Ramon gli andò a bussare alla porta di casa perché di andare via non ne voleva sapere.
 
E allora sulla cessione di Dragusin al Tottenham alcuni concetti vanno ribaditi. Il primo è che i 777 non sono un ente di beneficenza, ma una holding che ha come fine primario ed unico quello di fare bussinnes. Non sono venuti da Miami a Genova per far divertire il signor Parodi o il signor Sciaccaluga ma per guadagnare. Un progetto ambizioso e che richiederà tempi lunghi. Al momento però tutti gli step sono stati rispettati: ristrutturazione del debito e piano di risanamento, serie A riconquistata al primo tentativo e, da neopromossa, girone d’andata chiuso a metà classifica con 21 punti.
 
Il mantra dei 777 è l’autostenibilità. Lo stanno ripetendo sistematicamente ed a una gestione dove entrate e uscite si pareggiano si arriva soltanto con il sacrificio (mirato e non compulsivo) di qualche pezzo pregiato. Ed è fondamentale poi che il ricavato delle cessioni sia in parte destinato a ripianare il deficit lasciato alla precedente gestione ma sia soprattutto utilizzato per investire su quei giocatori che dovranno essere le plusvalenze del futuro. Insomma, si dovrà creare un circolo virtuoso dove plusvalenza genera plusvalenza.
 
Il punto fondamentale è uno solo: le aspettative della proprietà americana deve coincidere con quella della tifoseria. Ed è proprio ciò che al momento sta accadendo. Tifoseria che, è palese, non deve pensare di competere con Tottenham e Bayern Monaco (non due nomi a caso: sono i due club che hanno dato vita all’asta per Dragusin). La crescita del Genoa dovrà infatti avvenire per gradi.
 
Senza il suo miglior elemento, la difesa rossoblù ha retto l’urto del Torino che è una delle squadre più in forma del momento. “Finirà uno a zero per il Toro e farà gol Zapata che se l’avesse marcato Dragusin sicuramente non avrebbe segnato…”, qualcuno l’avrà sicuramente pensato. Pochi, però. Le nuove generazioni che stanno riempiendo la Nord (semplicemente spettacolare la coreografia in ricordo di Faber) hanno insegnato a pensare positivo anche ai meno giovani abbandonando il tradizionale pessimismo e fastidio: la maledizione di Villa Piantelli non esiste più. Come annotammo in questa rubrica tempo addietro.
 
È finita zero a zero, quello che era il risultato perfetto almeno per Annibale Frossi, campioni olimpico nel 1936 con l'Italia di Pozzo e successivamente raffinato editorialista sportivo. E la squadra che è andata più vicina al gol è stata proprio il Genoa. Gilardino, pur confermandosi allenatore pratico e concreto, non ha avuto timore di lasciare inizialmente in panchina un giocatore importante come Fendrup: “Ma sapevo che sarebbe stata una partita che si sarebbe giocata soprattutto sulle seconde ma anche sulle terze palle. E allora avevo bisogno di più qualità a centrocampo perché serviva qualcuno che quelle palle sporche le pulisse”. Così hanno giocato contemporaneamente Badely, Malinovsky, Messias e Gudmundsson in un 3-5-2 che spesso e volentieri diventava 3-4-2-1. Malinovsky ha giocato la sua miglior partita in rossoblù ed è stato il migliore in campo. Retegui non ha segnato ma la sua prestazione è stata incoraggiante. È in ripresa, presto arriverà anche il gol.