Genoa, a Napoli 21 mesi dopo ed è tutta un’altra musica

di Gessi Adamoli

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Genoa, a Napoli 21 mesi dopo ed è tutta un’altra musica
La partita che lo consacra definitivamente come una squadra da centroclassifica e non può dunque tra coloro che devono avere la salvezza come unico obiettivo è significativo che il Genoa la giochi a Napoli. Vale a dire in quello stadio dove il 15 maggio 2022 venne sancita matematicamente la retrocessione in serie B. Sono passati soltanto ventuno mesi eppure sembrano anni luce. Ci sono ancora Bani, Badelj, Gudmundsson, Frendrup, Vazquez ed Ekuban, ma è tutto un altro Genoa. C’è una società che ha saputo limitare al minimo sindacale il periodo di apprendistato e gli inevitabili errori che si commettono quando ci si imbatte in una materia al momento sconosciuta.
 
E poi c’è Alberto Gilardino che di questa crescita rapida e importante ha certamente molti meriti. Perché senza la promozione in “only one year”, che con l’ottuso Blessin era diventata un’utopia, il progetto rischiava se non di saltare quanto meno di avere un rallentamento.
 
“Compattezza, personalità e coraggio”, questo aveva chiesto Gilardino alla sua squadra preparando la partita di Napoli. Missione compiuta. La vittoria è sfumata solo al novantesimo, ma l’invito agli inguaribili malati di tafazzismo è di non guardare il dito ma la luna. Il Genoa 13 dei 31 gol al passivo li ha subiti nell’ultimo quarto d’ora e sono 14 i punti sfumati nelle ultime battute. Ma se si guarda la luna non si può non vedere la crescita costante e significativa di una squadra che ha affrontato il suo primo campionato di serie A andando oltre le aspettative sia come classifica ma anche per come sa stare in campo.
 
Proprio Frendrup è la dimostrazione chiara della crescita del Genoa e del lavoro di Gilardino. L’amico Maurizio Michieli mi ha preso a lungo in giro perché, più o meno un anno fa di questi tempi, del centrocampista danese scrissi testualmente: “Avesse anche i piedi giocherebbe nel Manchester City…”. I piedi non si possono smontare e sostituirli con dei nuovi, però certamente ci si può lavorare. E, dopo Napoli, Gilardino ha tenuto ad una precisazione: “La crescita di Frendrup premia il lavoro di tutti questi mesi, andava migliorata la qualità del primo controllo e del primo passaggio”. È ai vertici delle classifiche per i palloni recuperati e i contrasti vinti, ha confezionato 4 assist e sabato ha segnato il suo primo gol in serie A, ma sino a qualche mese fa passava solo la palla indietro e si avventurava al massimo in qualche breve passaggio orizzontale. Essere riuscito ad esaltare le qualità non solo atletiche e di incontrista di Frendrup, che definisce un giocatore “box to box” (ovvero da un’area di rigore all’altra) è solo uno dei grandi meriti dell’allenatore rossoblù. Ha trovato il ruolo ideale per Gudmundsson semplicemente non assegnandogli un ruolo, ma dandogli la possibilità di muoversi in campo a suo piacimento. E poi c’è la crescita esponenziale di Martinez, Bani e di Vazquez, la seconda giovinezza di Badelj e Strootman, il rilancio a livelli d’eccellenza di Malinowski ed il recupero di Ekuban che da molti non era considerato un giocatore da serie A. E soprattutto c’è un gruppo straordinariamente coeso. Ora come deve essere abile a gestire l’abbondanza come lo era stato a fronteggiare l’emergenza. C’è Vitinha, che come contro Empoli ed Atalanta è entrato bene, che preme. Non è stato buono, invece, l’impatto sulla partita di Malinowski che, dopo la grande prestazione con l’Atalanta, probabilmente si aspettava di essere riconfermato. E Strootman e Cittadini, entrati al 90’, forse avrebbero potuto essere utilizzati un po’ prima.
 
Mazzari non si smentisce mai e regala sempre qualche perla di simpatia, proprio come quando era alla guida della Sampdoria di Garrone e rivaleggiava con Gasperini nei derby: “Ci gira male, al primo sbadiglio prendiamo gol”. Un commento che non bisogno di commenti.
 
Infine un appunto sull’arbitro Sacchi. Una direzione di gara di quella di una volta, all’antica. Quando gli arbitri erano casalinghi soprattutto quando la squadra ospitante era un big. Al 42’ del primo tempo Sacchi ammonisce Kvaratskhelia che lo manda a quel paese con un plateale movimento del braccio. E poi così succede? Ecco cosa annota la Gazzetta dello Sport: “Dopo l’esposizione del giallo ripete il gesto. Sacchi non vede, oppure finge di non vedere e perdona”.