Fondi a Hamas: Hannoun presto trasferito in carcere con sezione antiterrorismo, dalle carte nuove rivelazioni
di Redazione
Accusato di essere capo della presunta cellula italiana di Hamas e di averne finanziato le attività con oltre 7 milioni attraverso associazioni benefiche
Sarà trasferito nei prossimi giorni in un carcere dotato di sezione di alta sicurezza per terrorismo Mohammad Hannoun, 63 anni, architetto palestinese arrestato con l’accusa di essere al vertice della presunta cellula italiana di Hamas e di averne finanziato le attività con oltre 7 milioni di euro attraverso associazioni benefiche. Attualmente detenuto in isolamento nel carcere di Marassi, Hannoun verrà spostato perché la struttura genovese non dispone di una sezione AS2, riservata ai detenuti per terrorismo ed eversione. La destinazione dovrebbe essere il carcere di Ferrara o quello di Alessandria.
Davanti alla gip Silvia Carpanini, durante l’interrogatorio di garanzia, Hannoun si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha rilasciato dichiarazioni spontanee. Attraverso i suoi avvocati, Fabio Sommovigo ed Emanuele Tambuscio, ha sostenuto di aver promosso esclusivamente iniziative di beneficenza a favore del popolo palestinese, a Gaza, in Cisgiordania e nei campi profughi, negando qualsiasi finanziamento diretto o indiretto a Hamas. I legali hanno sottolineato che il trasferimento, deciso dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, non dipende da giudice o Procura ma renderà più complessa la difesa. Hannoun, per ora, resta in carcere mentre gli avvocati valutano eventuali ricorsi o istanze di attenuazione della misura.
Nell’ambito della stessa inchiesta, a Firenze è stato interrogato Rahed Al Salahat, 48 anni, che ha risposto a tutte le domande di gip e pm. Secondo la difesa, Al Salahat avrebbe spiegato di aver chiesto a Hannoun, durante il periodo del Covid, un contratto a tempo indeterminato presso l’Associazione Benefica di solidarietà col Popolo Palestinese per ottenere un reddito fisso, dopo essersi ritrovato senza lavoro stabile. Ha dichiarato di non avere ruoli decisionali, ma di essere un dipendente e referente regionale, e ha descritto raccolte fondi di importi contenuti, giustificando anche i viaggi in Turchia con attività di convegni e collaborazioni giornalistiche informali. Il gip si è riservato la decisione sulla misura cautelare.
L’inchiesta ha avuto immediate ricadute politiche. Il sindaco di Thiene, nel Vicentino, ha revocato le deleghe a un consigliere comunale che sui social aveva difeso Hannoun. Sul piano nazionale, Fratelli d’Italia ha attaccato Elly Schlein e Giuseppe Conte per il loro silenzio sul caso; Conte ha replicato ribadendo la condanna di ogni forma di terrorismo e respingendo le accuse di complicità.
Sul fronte opposto, i Giovani Palestinesi d’Italia hanno diffuso un comunicato di solidarietà agli arrestati, definendosi “complici e solidali” e denunciando l’inchiesta come un’operazione che, a loro dire, trasformerebbe l’attivismo politico in una questione di ordine pubblico e sicurezza.
Intanto, in un procedimento collegato al clima di allerta sul fronte della sicurezza, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato il no all’espulsione immediata dell’imam di Torino Mohamed Shahin, ritenuto ancora richiedente asilo e quindi non rimpatriabile fino alla definizione della sua posizione.
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