Femminicidio, il pg della Cassazione: "Basta giudizi morali nelle sentenze"

di Fabio Canessa

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E i magistrati liguri contro Conte: "Prima leggere per intero, poi criticare"

Femminicidio, il pg della Cassazione: "Basta giudizi morali nelle sentenze"
"Nelle sentenze bisogna occuparsi di fatti e non dare giudizi morali o estetici, e fare questo potrebbe costituire illecito disciplinare. Le sentenze devono essere risolte ed espresse in termini tecnici e deve essere rispettata la dignità delle persone e la correttezza verso le parti del processo". Lo ha detto il Procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio parlando dei recenti verdetti su casi di violenza di genere sui quali sono in corso acquisizioni di documentazione per valutare eventuali iniziative disciplinari. Intanto, dopo le polemiche sollevate per le motivazioni della condanna a 16 anni per Javier Gamboa, l'operaio che lo scorso aprile uccise la moglie, arriva la nota della giunta ligure dell'Associazione nazionale magistrati: "Le motivazioni delle sentenze vanno lette tutte e per intero anche quando sono complesse e articolate senza estrapolare dal contesto singole frasi o parole con il solo fine strumentale di aizzare l'opinione pubblica". "In una democrazia - prosegue la nota - le sentenze sono soggette a critica così come le leggi e gli atti di governo: fa parte del controllo della pubblica opinione a cui ogni istituzione è soggetta. E noi magistrati sappiamo benissimo che pronunciando sentenze in nome del popolo italiano abbiamo il dovere di spiegare le ragioni per cui si prendono le decisioni". Il documento è stato redatto anche per rispondere alle dichiarazioni del premier Giuseppe Conte. "Soprattutto chi ha responsabilità istituzionali e di governo - continua la sezione ligure dell'Anm - sa, o dovrebbe sapere, che prima di esprimere giudizi semplificati le questioni vanno approfondite leggendo la sentenza del Tribunale di Genova depositata tre mesi fa, e poi si possono muovere con cognizione di causa le critiche, anche le più dure". "Come magistrati siamo ormai abituati da molti anni a essere attaccati per le decisioni che prendiamo: ciononostante continueremo a fare il nostro lavoro con la dignità e l'indipendenza che ha dimostrato proprio la nostra collega Silvia Carpanini, a cui va la nostra incondizionata solidarietà per essere diventata un altro bersaglio, utile per una campagna di manipolazione dell'opinione pubblica. Parlare di 'delitto d'onore' o usare altre forme semplificate di comunicazione serve solo a alimentare la sfiducia nei confronti dell'autorità giudiziaria: e ciò non fa bene al Paese e alla società democratica".