Ex Ilva: Flacks Group presenta offerta mentre Urso apre a ingresso dello Stato, "Se lo chiede vincitore gara"
di R.S.
Secondo l'intento del gruppo, il governo italiano manterrebbe il 40%, che Flacks acquisterebbe in futuro per una cifra tra 500 milioni e 1 miliardo di euro
Alla vigilia della chiusura del bando per l’acquisizione dell’ex Ilva, il fondo statunitense Flacks Group, uno dei due concorrenti in gara, rende pubblici i punti chiave della propria proposta attraverso un’intervista di Michael Flacks (Nella foto) a Bloomberg. L’investitore, con sede a Miami, afferma di voler riportare in crescita il polo siderurgico e di prevedere un’occupazione stabile per 8.500 lavoratori.
Pur avendo offerto simbolicamente un euro per l’acquisizione, Flacks quantifica in 5 miliardi di euro il fabbisogno per la bonifica e il risanamento degli impianti e sostiene di aver già raccolto il sostegno finanziario di diversi istituti italiani e statunitensi. Il piano include anche nuovi investimenti per riportare in alto la capacità produttiva dell’acciaieria.
Il fondo si dice favorevole alla permanenza dello Stato nella compagine societaria con una quota del 40%, destinata in seguito a essere rilevata da Flacks per un valore compreso tra 500 milioni e 1 miliardo di euro. L’investitore definisce l’ex Ilva “un asset unico”, impossibile da ricostruire ex novo o da importare dall’estero, e sottolinea la propria esperienza nel trasformare asset in difficoltà: “Non compro aziende redditizie. Compro ciò che sembra senza valore e lo trasformo”.
Quanto alle criticità ambientali del sito di Taranto, Flacks non si dice intimorito: “Probabilmente sono il più grande acquirente al mondo di passività ambientali”.
A fine novembre i rappresentanti del fondo hanno visitato gli impianti tarantini, assistiti dalla società di consulenza Steel Business Europe. L’altra offerta attesa entro oggi è quella del fondo americano Bedrock, già presente anche nel primo bando del 2024 e ora di nuovo in corsa per l’intero complesso dell’ex Ilva.
Apertura da parte del ministro dell'Industria Adolfo Urso a una partecipazione pubblica nell'ex Ilva. Dopo l'audizione in Commissione Industria al Senato il ministro ha definito "piuttosto realistica" l'ipotesi dell'ingresso di una partecipata pubblica nella compagine societaria del soggetto privato che acquisirà l'ex gruppo Ilva.
"Ho sempre detto che una partecipazione pubblica poteva esserci se richiesta dal soggetto privato in corsa per la gara di acquisizione, e quindi ove necessario può scendere in campo un investitore pubblico che rafforzi un eventuale piano di investimenti" ha scandito rispondendo ai giornalisti. La società a partecipazione pubblica potrebbe anche intervenire all'interno della procedura di gara", questa seconda ipotesi è possibile, ha spiegato Urso: "con il tipo di gara in corso è sempre possibile che un soggetto si presenti purché abbia una proposta migliorativa rispetto a quella in campo". In entrambi i casi la partecipata pubblica avrebbe una funzione di finanziamento e il privato avrebbe il ruolo del partner industriale. In ogni caso, ha sottolineato Urso, l'intervento pubblico avverrebbe "solo se richiesto dal soggetto privato" perché non in grado di sostenere gli ingenti finanziamenti necessari per la riconversione green e il rilancio del gruppo.
In attesa che si facciano avanti i pretendenti (a mezzanotte scade il termine per la presentazione delle offerte) il parlamento sta varando l'ultimo decreto Ilva per garantire la continuità produttiva degli stabilimenti del gruppo. "Questo decreto - ha detto ancora Urso - è diretto a iniettare in Ilva le risorse necessarie" per far ripartire l'Altoforno 1 e provvedere alla manutenzione dell'altoforno quattro, cos'ì che si giunga a marzo con due altoforni pienamente funzionanti per aumentare la produttività che oggi è legata a un solo altoforno operativo. Questo permetterà a Taranto di garantire la produzione di coils per gli stabilimenti del gruppo in Liguria e Piemonte.
"Garantire la continuità produttiva significa attivare il processo di decarbonizzazione con gli investimenti sui forni elettrici che devono essere compiuti entro i prossimi 4 e 5 anni perché entro il 2035 anche a Taranto la produzione di acciaio sia green".
"Penso che un clima di responsabilità e di condivisione fra le forze politiche e fra gli enti locali possa consentirci di garantire la continuità produttiva dell'Ilva e di avviare il processo di decarbonizzazione" ha aggiunto Urso.
Urso ha poi affrontato il tema cruciale del gas, necessario nella riconversione green. Oggi a Taranto l'energia elettrica necessaria per mandare avanti gli impianti viene generata dai fumi degli stessi altoforni. Quando gli altoforni del ciclo integrale non ci saranno più, ha spiegato il ministro, sarà necessario avere un'altra fonte energetica per alimentare i forni elettrici e i Dri. Da qui la necessità del gas in enormi quantità. "Per alimentare tre forni elettrici servono 1,2 miliardi di metri cubi di gas, se a quetsi si associa un Dri servono 800 milioni di metri cubi, se i Dri fossero quattro come da piano originario servono 3,2 miliardi di metri cubi. In Totale quindi servono 4,4 miliardi di metri cubi di gas. Per questa quantità serve la nave rigassificatrice" ha detto.
Intanto i sindacati continuano le proteste chiedendo al governo il ritiro del cosiddetto "piano corto" presentato nei giorni scorsi dal governo, piano che è all'origine di tutte le proteste perché considerato dai sindacati "un piano di chiusura". Maretta anche nel consiglio comunale di Taranto dove la maggioranza che sostiene il sindaco Piero Bitetti scricchiola sul documento sottoscritto ieri da Comune, Regione, Provincia e sindacati. Malumori si registrano nelle fila dei Verdi e del Pd. Critiche anche dal M5s.
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