Ex Ilva, un percorso lungo e difficile
di Paolo Lingua
Quale sarà l’avvenire della ex Ilva? Meglio dirlo subito: è un sentiero ancora irto e difficile, ma molto si potrà capire dopo il 21 luglio quando lo Stato, di fatto, diventerà il controllore dell’azienda siderurgica. In quella occasione Invitalia guidata da Domenico Arcuri diventerà di fatto azionista di riferimento, sostituendo di fatto Arcelor Mittal che andrà in minoranza. A quel punto tutti gli interlocutori, a cominciare dai sindacati e poi dagli enti locali, potranno puntare a un progetto completo e organico, quello che, per dire la verità sino in fondo, non c’è mai stato sin dal momento in cui Arcelor Mittal era subentrata alla guida dell’azienda, dopo una gestione commissariale a sua volta subentrata alla gestione privata del gruppo Riva.
Quello che è emerso dalla riunione di oggi presso il Mise, alla presenza dei ministri Giorgetti, Orlando e Carfagna è che si prevede un ridimensionamento delle annunciate e sin troppo pesanti prospettive di massiccia cassa integrazione (coinvolgenti gli stabilimenti di Taranto, Genova e Novi Ligure) ma che solo dopo il 21 di luglio si potrà comprendere quale sarà il complesso progetto di sviluppo dell’intero settore siderurgico italiano. Inoltre, considerazione da non sottovalutare, sarà opportuno seguire con la massima attenzione l’evolversi delle azioni giudiziarie in corso. Sul piano penale, infatti, ci sono le pesanti condanne, dovute alla situazione drammatica di inquinamento ambientale di Taranto, nei confronti della famiglia Riva e persino di chi ha retto la regione Puglia. Al tempo stesso c’è la decisione del Tar che ha consentito la ripresa della produzione – sempre di Taranto – compreso il cosiddetto settore “a caldo”, una della cause maggiori di inquinamento.
Ma che cosa accadrà e come si dovrà operare alla fin dei conti? Difficile azzardare previsioni precise, ma è indubbio che il nuovo management dell’azienda dovrà puntare e operare, per evitare nuovi duri interventi dell’autorità giudiziaria, a una ristrutturazione e a un ammodernamento del complesso di Taranto, anche perché Novi Ligure e Genova, che non hanno avuto mai da affrontare problematiche ambientali dipendono nella loro operatività quotidiana dalla produzione del maggior stabilimento pugliese, anche se la loro attività (a freddo e legata alle lamiere) ha una forte richiesta di mercato, in particolare nella prospettiva d’una ripresa al termine della pandemia. Basterebbe pensare a settori come quello automobilistico, alimentare , di accessori di uso familiare e così via. Per questo erano assurde le alte percentuali di cassa integrazione previste in un primo momento e che dovrebbero essere fortemente ridimensionate, come al momento si spera. E’ indubbio che la ex Ilva paga pesanti errori del passato e che risalgono sia alla vecchia gestione pubblica (ex Finsider) , sia al periodo del gruppo Riva.
Ma è indubbio, anche se forse è un capitolo di storia ancora tutto da scrivere, che rende perplessi la gestione annunciata e mai realizzata di Arcelor Mittal da quando , ancora ai tempi del governo Gentiloni, aveva acquisito l’azienda dalla quale adesso, di fatto, si defila. Il vero problema è che il gruppo italiano siderurgico ha un ruolo fondamentale a livello europeo e sarebbe assurdo annullarlo, anche perchè la questione cosiddetta ecologico-ambientale è risolvibile e l’azienda potrebbe riprendere un ruolo di leadership su tutti i mercati come nel passato. Il problema nasce dalla quantità, molto pesante, di investimenti che, a questo punto, solo il capitale pubblico può sopportare. I prossimi mesi saranno determinanti, ma già dalle prossime settimane si potrà capire tempi, modi e investimenti, oltre che la strategia che per forza di cose sarà frutto di un ragionamento di ampio respiro e che sarà supportato, persino sul piano etico, da una molla di vasto interesse generale. Questo vorrebbe dire salvare la produzione e farla di alta qualità come in passato e, al tempo stesso, mantenere i livelli occupazionali.
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