Europee, la lunga vigilia delle incertezze
di Paolo Lingua
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Il Punto di Paolo Lingua
Quanto è trapelato, sia pure genericamente, dall’esito delle elezioni in Olanda e da qualche indiscrezione, ancora più vaga, di quelle inglesi non è sufficiente per cercare di formulare una previsione di massima di quello che succederà nel resto (o meglio nel complesso) degli Stati dell’Ue e, di conseguenza, in Italia.
Le previsioni, questa volta come mai prima, sono ardue perché è incerta la partecipazione al voto. Il clima incerto e la poca attrattiva, per via del clima, d’una domenica al mare rimuovono le solite considerazioni secondo le quali il decollo dell’estate ha allontanato dal voto. Mai come in questi giorni le tentazioni vacanziere sono lontane. La prova delle urne dunque è concreta.
Ma i cittadini come reagiranno? Giocherà la mente o la pancia (anche sulla scelta del simbolo) oppure prevarranno la noia e l’indifferenza? Anche in passato il voto europeo non ha mai suscitati grandi interessi ed entusiasmi. Ma questa volta c’è un dibattito che, sia pure con cadute di rozzezza, va al di là delle discussioni politiche fumose.
E’ l’Europa sul banco del giudizio. Sono emerse, sia pure con motivazioni diverse, critiche a come sinora l’Ue è stata gestita: troppa burocrazia, troppe decisioni ispirate da poteri forti esterni, troppe slabbrature nelle scelte di politica estera. C’è un’incrinatura nei rapporti con il tradizionale alleato Usa e ci sono ambiguità nei confronti della Russia e della Cina. I rapporti con il mondo islamico sono stati confusi e alterni. Poi ci sono “assi” di forza come quello Francia-Germania che hanno avuto non poca invasività.
Nel frattempo c’è la crescita d’un sovranismo di destra nei Paesi dell’Europa Orientale. C’è quindi chi spinge per un maggior federalismo e chi invece è incline per un recupero dell’autonomia sovrana degli Stati. Infine, problema non ultimo, c’è la confusa situazione della Gran Bretagna, scivolata sull’assurdo esito del referendum che l’ha spinta fuori dell’Europa, con un accordo d’uscita non ancora risolto e che porta la Gran Bretagna a votare, pur sapendo che quando sarà siglato in via definitiva l’accordo d’uscita, tutti i suoi eurodeputati dovranno dimettersi per far posto ai primi dei non eletti di tutti gli altri Stati, già indicati in proporzione della popolazione. Inutile dire che si tratta d’un ennesimo elemento di confusione.
Tra la notte di domenica e di lunedì capiremo che tipo di Europa dovrà decollare nei prossimi cinque anni, a seconda di quanto resisterà la leadership dei movimenti tradizionali (popolari, laburisti, liberali) e quanto cresceranno le destre sovraniste.
E l’Italia? E’ indubbio che, pur non interferendo sui numeri del Parlamento, l’esito elettorale europeo avrà certamente riflessi sulla situazione politica italiana. In primo luogo sarà interessante constare quale sarà la tenuta del M5s. Calerà certamente rispetto alle elezioni del 4 marzo dell’anno scorso.
Ma di quanto? E Salvini quanto crescerà? Quale sarà la portata dei due altri partiti di centrodestra, Fratelli d’Italia e Forza Italia? In particolare, ci sarà un sito positivo per Berlusconi tornato in campo a titolo personale? E il Pd crescerà come sembrava poco tempo fa secondo alcuni sondaggi? E se questo accadrà quali saranno le sue prossime strategie?
Ma la domanda chiave che tutti si pongono riguarda l’avvenire del Governo: cadrà? E se sì, ci saranno nuove elezioni? E con quali prospettive di alleanze? Tutte domande pressanti ma che stanno sospese nell’aria, legate a un destino assai difficile da comprendere e ancor di più da dominare. Siamo alle foglie disperse al vento dove è scritto l’avvenire disegnato dalla Sibilla.
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