Europee, la Babele delle lingue alla vigilia del voto

di Paolo Lingua

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Il Punto di Paolo Lingua

Europee, la Babele delle lingue alla vigilia del voto
La Babele delle lingue alla vigilia del voto europeo di domenica prossima 26 maggio non è la compartecipazione alle urne di quasi trenta stati, ognuno con una lingua differente, bensì l’infittirsi, sino a domani sera a mezzanotte, degli slogan, delle proposte delle vere o finte polemiche dei due partiti di governo, Lega e M5s. Facciamo un po’ di esempi anche se forse l’elenco è unitile perché sotto l’occhio di tutti. Quando si capirà il destino della Tav Torino-Lione che la Lega vuol rilanciare e che i “grillini” intendono affondare? E quando si riprenderà il discorso sulle tante “grandi opere” tuttora ferme al piede di partenza? Si capirà mai qualcosa del bilancio pubblico nella prospettiva di spese e nuovi progetti? Tria dice una cosa, mentre Salvini e Di Maio nei dicono altre e diverse, con affannosi tentativi di mediazione di rinvio da parte del premier Conte? Ma è costituzionale o no la annunciata legge sull’ordine pubblico? Funziona o non funziona il reddito di cittadinanza? E’ vero che si vuol sopprimere la famosa norma degli “80 euro” introdotta da Renzi? Ma ha senso l’ulteriore prelievo sulle pensioni (presunte “d’oro”) per fare cassa altrove? E poi, se sono frutto d’una vita di lavoro e d’una carriera, perché, incostituzionalmente taglieggiarle? Perfino i tagli dei vitalizi sono in sostanza incostituzionali. E poi qual è il senso di una annunciata (e confusa) riforma della giustizia con soppressione di prescrizioni e di interventi “punitivi” quasi da dittatura? E come sarà predisposta, se sarà possibile conti pubblici permettendo, la tanto annunciata “flat tax” che avrebbe lo scopo di far riprendere i consumi in tutte le fasce di reddito? Molte di queste annunciate normative potrebbero far perdere voti da parte di vaste fasce di cittadini proprio ai due partiti di governo. La stessa Lega deve stare attenta al voto del Nord dove prende voti dai ceti medi e imprenditoriali e che speravano in una capacità di sintesi moderata maggiore. Da parte di Salvini, invece che puntare all’accentuazione di contenuti populisti e sovranisti. Ma anche alcune sterzate, passando all’opposizione, da parte del Pd quasi a favore del M5s non sono una mossa elettorale azzeccata. In passato il Pd ha preso voti quando ha sventolato la bandiera lib -lab, quella d’un partito moderno e non più figlio d’una deriva demagogica. Affannano pure i piccoli partiti, troppi per un campo sì proporzionale come sistema di voto, ma dove lo sbarramento del 4% è più che sufficiente a lasciare fuori anche una dozzina di microliste di cui i cittadini italiani non conoscono neppure il nome e il simbolo. Un grosso punto interrogativo riguarda infine la lista di Forza Italia con Silvio Berlusconi ridisceso in campo. Berlusconi adombra il buonsenso, la prevalenza nelle scelte della ripresa economica, del favorire gli investimenti, dell’aggancio all’Europa e al Partito Popolare, invitando a ritmo serrato Matteo Salvini, alleato nelle Regioni e nei Comuni, a scaricare i “grillini” per dar vita a un grande centrodestra, dopo nuove elezioni. Ma Berlusconi ha ancora leadership nell’area del cosiddetto “voto moderato”, oppure non scalda più i cuori? Anche questo è un gigantesco interrogativo, collegato, a questo punto, all’esito elettorale generale di tutta l’Europa presente nell’Ue. Popolari e socialdemocratici, pur in difficoltà, manterranno la leadership recuperando in extremis il voto di chi non ragiona con la pancia? Oppure i malesseri e i malumori, frutto della crisi economica e del calo del livello di vita, avranno la meglio? E quali saranno le conseguenze sugli stati nazionali? La prossima notte delle urne sarà una delle più inquiete degli ultimi anni della nostra storia.