Dalla piattaforma Rousseau via libera al Governo Conte con un "sì" massiccio
di Marco Innocenti
3 min, 8 sec
Il punto di Paolo Lingua
Gran festa oggi, in particolare in casa del M5s, dopo l’esito del referendum degli iscritti alla “piattaforma Rousseau”. Hanno votato 80 mila iscritti su un totale di circa 120 mila iscritti e il “sì” sono stati attorno all’ 80%. Luigi Di Maio non ha nascosto la sua piena soddisfazione. A questo punto il governo ha via libera. Giuseppe Conte quasi certamente si recherà domani dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per sciogliere la riserva e nel giro di qualche giorno il governo sarà completato anche nei ministeri (sui contenuti si è appreso da entrambi i partiti che si sarebbe raggiunto l’accordo) e potrà presentarsi alle Camere per il voto di fiducia. Fin qui la cronaca essenziale dei fatti.
Il Governo decolla ma per il momento è difficile prevedere se avrà vita tranquilla, contrasti interni o sussulti. Le premesse ci sarebbero tutte, considerato il passato (recente) di guerra spietata tra le due parti e l’incrocio di insulti e di accuse a livello personale. Ma ormai nella “nuova” politica, completamente estranea alla logica della Prima Repubblica (e alla qualità profesisonale e intellettuale dei protagonisti) tutto il bene e tutto il male sono possibili. Inoltre non esistono più strategie di lungo respiro, ma si naviga a vista. E’ stato così per il precedente esecutivo “giallo-verde” e sarà così per quello “giallo-rosso”.
Inoltre, occorre prenderne atto al livello politologico, le ideologie sono quasi scomparse. Il discorso vale in particolare per i “grillini”, ma anche il Pd, che pure porta nel suo Dna il postcomunismo e la post-democrazia cristiana oltre che un po’ di contorni socialisti e liberaldemocratici ormai è un fantasma pallido. Si andrà avant8i gettando i dadi come diceva un famoso poeta greco dell’epoca classica. Ora l’interesse immediato e la cronaca saranno fissi, per almeno le prossime 48 ore sul totoministri, ultimo aspetto ludico della vicenda. Sappiamo del ritiro dalla squadra di Andrea Orlando, dell’incarico quasi certa a ministro europeo di Paolo Gentiloni e del quasi certo incarico a Luigi Di Maio come ministro degli Affari Esteri. Poi nebulosità sui possibili “tecnici”, sulla percentuale delle donne, e sulla possibilità che un ministero sia acciuffato dall’estrema sinistra del LEU dopo un’affannosa rincorsa.
Ma il quadro politico tra vinti e vincitori appare poco esaltante. Salvini sputa livori (ma potrebbe prendersela anche con se stesso), la tonante Meloni annuncia proteste di piazza. Nel frattempo Forza Italia annuncia una opposizione più composta e “costruttiva” (teme leggi nemiche del leader Berlusconi?) e prende le distanze dal “sovranismo” dei due alleati di destra. C’è una prima osservazione da fare (poi le cose tra un mese saranno più chiare): ricomincerà presto il gioco degli slogan di campagna elettorale anche perché sono previste elezioni regionali e comunali d’una certa importanza. Avremo (alvo follìe) uno schieramento Pd – M5s contro il centrodestra che dovrà essere per forza unito, anche se proprio in Liguria, per via del movimento “Cambiamo!” di Giovanni Toti, si annunciano dispetti e scaramucce.
Ma ci sono aspetti curiosi: a Torini come se la caverà il Pd contro l’Appendino dopo lo scontro sulla Tav? E in Liguria per la Gronda? E a Roma dopo le pesanti critiche alla Raggi? E’ pur vero che, dopo una serie di sconfitte anche in territorio dove da decenni spadroneggiava, il Pd deve trovare un argine alle batoste. In particolare teme per l’Emilia (dove la vicenda di Bibbiano sempre assopita) e per la Puglia. Ma in molti territori emergeranno gli scontri sulle grandi opere e sul rapporto tra industria, produzione e ambiente. Poi ci sono non poche curiosità non tanto sul taglio deol parlamentari quanto sulla necessaria nuova legge elettorale. Anche in questo caso capovolte e acrobazie. Ma non mancheranno le risse interne. La situazione è grave ma non seria? Il vecchio motto potrebbe essere ancora valido.
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