Cose da Genoa? No, grazie
di Gessi Adamoli
Perdere al 94’ dopo 87 minuti più 8 di recupero in inferiorità numerica ed aver avuto due clamorose occasioni per passare in vantaggio: cose da Genoa! De Rossi nell’intervista del dopo partita ha rifiutato questo tipo di lettura legata ad un destino inesorabile per chi indossa la maglia rossoblù a quarti e col grifone sul cuore: “Non dobbiamo essere fatalisti, ne vengo dalla Roma dove questo tipo di mentalità regna sovrana e vorrei scrollarmela di dosso”. Chiediamo scusa al mister, ma al Genoa siamo un po’ tutti fatalisti. Del resto in una piazza che non vince nulla dal 1937 (a meno che non si vogliano considerare come trofei la Coppa delle Alpi e l’Anglo-italiano) e che pure continua a vivere con amore, passione ed un entusiasmo straordinario il suo legame con la squadra, è quasi inevitabile credere di essere vittima di una specie di sortilegio.
Contro l’Atalanta ancora una volta il Genoa diventa Ettore, che nell’Iliade è l’eroe coraggioso e sfortunato. Nel Genoa made in De Rossi è proprio il coraggio che fa la differenza. Ne ha a piene mani una squadra che gioca contro un avversario che solo 18 giorni prima (sempre in condizione di inferiorità numerica) gli aveva rifilato 4 gol. De Rossi azzecca il cambio. Non sacrifica una punta, ad uscire è Martin che fa il quinto a sinistra. Ma è anche il giocatore con meno fisicità perché da quel momento ognuno dovrà correre per due. Un compito che esalta Frendrup che macina chilometri e disputa la sua migliore partita della stagione e che non spaventa certo Vitinha, abituato con Vieira a fare il terzino. È perfetta l’organizzazione difensiva del Genoa: due linee compatte e molto strette che chiudono ogni linea di passaggio. E all’Atalanta non resta che girare il pentolone con la polenta. Gira la palla, gira senza fantasia alla ricerca vana di un pertugio per penetrare in area di rigore. Se con Palladino erano convinti di aver trovato il nuovo Gasperini, a Bergamo dovranno probabilmente rivedere le proprie certezze.
Il coraggio che De Rossi ha trasmesso alla squadra contagia anche Sommariva, il portierino (è alto un metro 85) entrato in campo al posto dell’espulso Leali che su quel corner maledetto decide di uscire. Tanti suoi colleghi se ne sarebbero stati rintanati sulla linea di porta, come un pensionato sul divano davanti alla tv con la copertina mentre fuori piove. Sino al minuto 94 la sua partita era stata impeccabile e la scelta di andare a cercare la palla invece che aspettare passivamente gli eventi è quella giusta. Ad essere sbagliata è l’esecuzione, Hien lo anticipa di testa e l’Atalanta si prende (immeritatamente) i 3 punti. Immediatamente dalla Nord parte un lungo applauso spontaneo. Per ricordarsi di una sconfitta più ingiusta bisogna tornare indietro sino al 24 ottobre 1982, quando l’Udinese vinse a Marassi per 3 a 2 (per la cronaca il contestatissimo arbitro Altobelli venne anni dopo processato per usura).
Riversare sul ragazzo di Sestri Ponente le colpe della sconfitta sarebbe ingeneroso. E non sarebbe da genoani. Siccome a certi livelli sono i dettagli a fare la differenza sul piatto della bilancia pesano anche gli errori di Norton Cuffy, al quale capita di fare danni quando fa l’uomo uomo (vedi la scorsa stagione a Cagliari), e di Vitinha (clamoroso) e Colombo a tu per tu con Carnesecchi. “A fine partita non sono andato a consolare Sommariva – ha detto De Rossi – ma a ringraziarlo per la serietà e l’abnegazione con cui si allena. Quello del terzo portiere non è un ruolo facile, non sono nemmeno quando avesse giocato l’ultima partita. Ripeto: bisogna solo ringraziarlo”.
Sommariva, rispondendo al quesito di De Rossi, l’ultima partita da titolare l’aveva giocata in serie C con il Pescara a Picerno, era il 23 aprile 2022. Il suo curriculum recita 11 presenze a Pescara in C, 4 Monza tra serie B e C dal 2018 al 2022, di fatto è stato titolare solo in serie D alla Nocerina e al Milano City.
La croce (nonostante il balletto esco o non esco?) non va nemmeno gettata su Leali, sarebbe innaturale per un portiere levarsi e farsi fare gol. E con un gol di vantaggio e con gli spazi a disposizione per le ripartenze sarebbe stata tutta un’altra Atalanta, anche senza la superiorità numerica.
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