Cosa ci aspettiamo il prossimo anno
di Paolo Lingua
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A voler fare, solo per un attimo, un balzo indietro nella storia, è giusto riconoscere a Cavour, nel decennio in cui fu primo ministro del Regno di Sardegna, l’aver capito l’importanza di Genova e del sistema dei porti liguri il ruolo strategico per l’economia di quello stato unitario italiano che sognava. A Cavour il merito del potenziamento delle ferrovie, delle strade e della creazione del nuovo ruolo, in chiave europea, del porto di Genova.
Negli anni successivi non si andò così veloce, se si vuole resta solo la Camionale degli anni Trenta, perché poi i progetti tra le due guerre stagnarono per risollevarsi solo nel dopoguerra nella chiave Democrazia Cristiana -Iri – Confindustria. Ma fu una ricrescita delle comunicazioni (strada e ferrovie) che dalla fine degli anni Quaranta crebbe sino all’inizio degli anni Ottanta e poi si fermò. Un po’ di crisi economica, un po’ di ingolfamento del capitale pubblico, un po’ di crescita di movimenti verdi e ambientalisti. Ma tutto fu, da qualunque punto si osservi, un po’ confusionale e contraddittorio.
Oggi, anche per responsabilità e colpe differenti tra loro, paghiamo le colpe di quella stasi che, partita dalla seconda metà degli anni Ottanta, paghiamo oggi, quando ci rendiamo conto, con guasti, crolli, tragedie e affanni di lavori in ritardo, lo stallo politico e ideologico che ha consentito, quasi certamente, il cinico comportamento delle aziende di gestione, ancor oggi.
Sono trascorsi giorni concitati, sia in Liguria, sia a Roma, anche perché, quasi per un destino avverso, si sono verificati il crollo delle strutture in una galleria della A26 e l’incendio sia pure fortuito e senza grossi danni sulla pila 13 del ponte sul Polcevera in ricostruzione. C’è stata la lunga e un po’ generica maxi-riunione presso la Regione Liguria e la convocazione d’urgenza dei vertici della Società Autostrade al ministero dei Trasporti. Abbiamo appreso che ci saranno, a partire dai prossimi giorni, controlli e controlli su controlli e monitoraggi con attenzione particolare sulla Liguria.
Tutto bene e tutto giusto, si tratta di scelte ovvie e logiche, frutto d’una emergenza che ci aggredisce ogni giorno che passa. Ma, al di là del fatto che toccherà alla magistratura scrivere l’ultima parola (chissà quando), i controlli e i monitoraggi sono ormai una scelta ovvia e necessaria (e urgente).
Il problema è passare alla fase operativa. Non è possibile continuare ad affrontare il problema in termini soltanto teorici e di principio. La Liguria nel giro al massimo d’un paio d’anni deve tornare alla normalità sul piano delle comunicazioni, altrimenti la sua economia subirà un netto tracollo.
Il 2020 è certamente l’anno della prova definitiva sul campo dei trasporti, ma non mancano preoccupazioni di ogni genere: reggerà la Piaggio e saranno mantenute le ordinazioni da parte del governo? Quale sarà l’avvenire reale della Carige, che pare avvita a un salvataggio più formale che sostanziale e che potrebbe finire per trasformarsi in un piccolo istituto assorbito da realtà più forti? E i lavori in porto dopo che molti progetti sono per ora fermi? Hennebique, Waterfront di Levante, Ponte Parodi, diga foranea e ribaltamento a mare? Non si tratta di scherzi ma di enormi sforzi sia sul piano degli investimenti sia su quello delle strategie. Di giorno in giorni tutti questi nodi si dovranno sciogliere per cambiare fisionomia a un territorio fin troppo martoriato.
Occorre un colpo di reni e occorre che accanto alla giuste richieste delle istituzioni locali ci sia una risposta concreta da Roma, anche perché una economia come quella di Genova e della Liguria, che ha una ridice internazionale, ha bisogno d’essere inquadrata nelle strategia di respiro superiore. Questo è il vero augurio per il 2020.
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