Consiglio comunale, Francesca Ghio: "Violentata a 12 anni da un 'bravo ragazzo', non l'ho mai denunciato"
di Simone Galdi
Rivelazione shock della consigliera rossoverde durante la seduta: "Ma a distanza di decenni nulla è cambiato"
"Avevo 12 anni, vivevo nel cuore della Genova bene. Avevo appena iniziato la seconda media quando sono stata violentata fisicamente e psicologicamente tra le mura di casa mia. Ripetutamente. Per mesi e mesi, da un uomo di cui mi fidavo, da un uomo che nessuno avrebbe pensato potesse essere un mostro. Un dirigente genovese, il vostro bravo ragazzo. Lui mi diceva di stare zitta e che doveva essere il nostro segreto, dovevo giurargli di non raccontare niente a nessuno mentre sottostavo alle sue torture”. - comincia così l'intervento-rivelazione della consigliera comunale della lista rossoverde Francesca Ghio, che durante la seduta odierna racconta di aver subito violenza da bambina.
L'intervento durante una mozione proprio sui casi di violenza contro le donne, il giorno dopo la giornata del 25 novembre.
Continua la Ghio: “Nessuno mi ha mai chiesto perché ero diventata introversa all’improvviso. Eppure non sono mai stata una bambina silenziosa... Ma la società intorno corre, dove corre non si capisce. Perché questa società non ha tempo e non ha spazio per curarsi delle persone. Avanza, costruisce dighe e strade, avanza verso il progresso e nuove promesse, dimenticandosi di proteggere e curare il bene prezioso della vita”.
“Per un pezzo di vita mi sono rassegnata fino a credere che me lo ero meritata. Sono arrivata a colpevolizzarmi al punto di ferirmi fisicamente. Mi sono coperta le cicatrici sulle braccia per anni, nessuno mi ha mai chiesto perché tenessi sempre felpe e maniche lunghe. Ma il dolore era l’unica emozione che mi faceva provare ancora qualcosa”.
“Non ho mai denunciato quell’uomo – ha detto Ghio – Non sapevo neanche cosa fosse una denuncia a 12 anni. A scuola studiavamo Napoleone Bonaparte, nessuno parlava di emozioni, consenso, sessualità, sostegno alla fragilità. Nel mondo degli adulti non c’era un singolo volto in cui poter trovare rifugio e protezione. Quando ho provato a parlarne anni dopo mi sono sentita giudicata, iniziavo il discorso e notavo disgusto. ‘Ma no, sto scherzando...’ dicevo per chiudere velocemente il discorso”.
“A distanza di decenni nulla è cambiato. Gli uomini continuano a violentare nel silenzio complice di una società che non dà gli strumenti, che non vuole fermarsi a capire, che ritiene più facile e dignitoso nascondere il problema piuttosto che ammettere che questo cortocircuito è responsabilità. Il 25 novembre è passato, ci vediamo l’anno prossimo con la conta dei numeri: chi sull’elenco dei nomi dei cadaveri, chi nel silenzio muore dentro. Vittima due volte: dello stupratore e della società che guarda dall’altra parte”.
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