Cominciata oggi la gestione del nuovo vertice della Carige: tutti i dubbi rimangono
di Paolo Lingua
Al termine d’una non brillante seduta dell’assemblea degli azionisti della Banca Carige è stato nominato il nuovo consiglio d’amministrazione e il collegio sindacale. Nel pomeriggio, come del resto previsto, Vincenzo Calandra è stato nominato presidente, mentre il ruolo mdi amministratore delegato è Francesco Guido. I due nuovi dirigenti hanno rilasciato solo brevi e prudenti dichiarazioni, affidandosi a un cauto ottimismo, sfiorando in tono speranzoso il tema delicatissimo della “riconquista” del ruolo della banca sul territorio, la sua funzione storica negli anni di massima espansione e fortuna. Ma il rapporto con il capoluogo e con la regione appare oggi con il fiato grosso, dopo la perdita massiccia di clienti e di azionisti-risparmiatori. Il che fa pensare a un progetto arduo. Sobrio e prudente anche il comportamento in assemblea dei tre commissari uscenti – Lener, Modiano e Innocenzi – che hanno chiuso assai diplomaticamente la loro funzione. Per la verità l’assemblea ha avuto un andamento singolare: al di là dei due grandi azionisti, c’erano iscritti dai giorni precedenti oltre trecento soggetti, ma nel corso del dibattito sono emerse solo pesanti polemiche e più della metà hanno an nunciato il loro “no” al voto e sono usciti ostentatamente dalla sala. Alla fine hanno votato solo 125 azionisti. In pratica ci sono state due linee polemiche: il gruppi minori (quali quelli di Corti e di Damasio) da sempre in contrasto con la linea operativa dei commissari, ma anche il raggruppamento maggiore che fa riferimento a De Fecondo che ha contestato una linea operativa che ha finito per annullare le quote dei piccoli azionisti inducendoli a votare a favore nell’assemblea precedente, una scelta che ora ha precluso la possibilità di compiere ricorsi giudiziari per ottenere eventuali indennizzi. La via giudiziaria per chiedere i danni e recuperare il capitale investito in questi ultimi anni, è stata invece imboccata, come è noto da quello che sino a pochi mesi fa era il maggior azionista, ovvero il gruppo Malacalza, che deteneva oltre il 27% ora ridotto a poco più del 2%. I Malacalza hanno depositato il loro ricorso al tribunale di Genova che ha fissato la prima udienza alla metà di maggio. Ma anche i piccoli gruppi di azionisti sono andati sulla stessa linea e punteranno all’azione giudiziaria. Per i Malacalza il danno è vicino ai 500 milioni. Tutte le soluzioni sono possibili, ma i processi certamente frenano, anche psicologicamente l’azione di ripresa dell’istituto, sempre che ci sia un piano industriale preciso. I dubbi si infittiscono: non si comprende ancora la linea di Cassa Centrale Banca (il raggruppamenti degli istituti trentini) che sembravano disposti a un ingresso di capitale sostanzioso, quasi a puntare d’essere i futuri controllori della Carige. Ci sono punti interrogativi sulle possibilità di ritorno in Borsa del titolo che praticamente era finito polverizzato. Non si sa se possono emergere eventuali voci passive o comunque difficoltà non ancora emerse. Ma tutti i dubbi si intrecciano, accanto al progetto di taglio delle filiali, degli sportelli e del personale, una azione che ha già trovato l’ostilità dei sindacati, per cui si annunciano mesi di difficili trattative. Su tutta la vicende si stendono le ombre “del non detto”, ovvero che alle spalle della Carige ci sino progetti di acquisizione a costi molti convenienti da parte di grosse banche sia italiane sia europee. Nelle prossime settimane sarà possibile avere una panorama più chiaro e illuminato nei limiti del procedere con cautela. La vicenda della Carige, la cui crisi è cominciata sette anni fa con la clamorosa azione giudiziaria nei confronti dell’ex presidente Giovanni Berneschi, è ancora coperta di luci e ombre, queste ultime più numerose e inquietanti.
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