Come disegnare il nuovo profilo del centrodestra
di Fabio Canessa
2 min, 53 sec
Il Punto di Paolo Lingua
Ormai bisogna aspettare l’esito delle elezioni europee (cui vanno aggiunte un po’ di amministrative sparse per tutta Italia) per aprire i nuovi ragionamenti sulla situazione politica italiana. Sembra infatti assai difficile (ma le sorprese sono infinite) che questo governo possa reggere ancora tre anni e mezzo di discussioni, litigi e dissensi.
Anche perché si sta facendo pesante la tensione all’interno del M5s dove cresce il numero dei dissidenti e dei delusi. Quello che sinora ha frenato i “grillini” dalla rottura e dalla conseguente crisi dell’esecutivo è il rischio di non tornare più al governo, una volta usciti.
Ma i riflettori restano puntati su Matteo Salvini e sulla Lega, nonché sugli altri due partiti del centrodestra Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il partito di Berlusconi, per bocca del leader storico che si ricandiderà alle elezioni europee nella speranza d’un rinnovato consenso personale, insiste su elezioni politiche anticipate e d’una affermazione del centrodestra.
Berlusconi non ha mai nascosto che il suo obiettivo è il ritorno a un modello politico di coalizione dove predomini il senso dell’Europa, nonché un moderato liberalismo economico, scavalcando gli eccessi del populismo e del sovranismo. E quindi smorzare certi eccessi di Salvini che, invece, ora va in Europa alleato della Le Pen e di una parte della destra europea. Salvini, anche se non lo dice apertamente, coltiva in cuor suo un successo che renda la Lega talmente leader da condizionare i potenziali alleati e sogno una affermazione personale che gli consenta di superare possibili mediazioni.
Ma quali sanno i contenuti e le prospettive politiche d’un centrodestra destinato, con buone probabilità al governo dopo più che probabile elezioni anticipate nel volgere d’un anno? In queste settimane ci prova a disegnare una sorta di programma ideologico e operativo il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, che ha confermato di votare Berlusconi e Forza Italia, ma ha insistito su un rinnovamento del partito che coinvolga anche l’intero centrodestra.
Toti, che in gioventù, quando era studente universitario, non aveva nascosto le sue simpatie per Bettino Craxi, ha in mente un modello che, in termini tradizionali, è più di “centro” che di destra, improntato a un pragmatismo liberale che interpreti i problemi della società contemporanea ma proiettato verso una politica economica che punti all’imprenditoria privata e allo sviluppo produttivo che porti investimenti, benessere e posti di lavoro, superando gli eccessi frenanti di quello che resta della vecchia sinistra ma anche del gioco dei “distinguo” peculiare dei “grillini”.
La visione di Toti è più internazionalista e punta a una modifica della linea europea, oggi troppo contraddittoria e frenante, senza però cadere nel sovranismo o nel conservatorismo della le Pen e di Orban tanto per capirci, e spera, anche se non lo dice apertamente, che Matteo Salvini a sua volta esca da alcuni schemi troppo rigidi e demagogici.
Per adesso sono lanci di idee e in parte provocazioni. Occorrerà, tanto per tornare all’inizio del ragionamento, capire gli spostamenti d’una opinione pubblica troppo volubile e che dovrà superare, per ragionare politicamente in maniera concreta, i comportamenti da “mal di pancia” e da “invidia sociale” che non portano da nessuna parte. In effetti, il faticoso e dispendioso “reddito di cittadinanza”, tagli demagogici alle pensioni e ai vitalizi, nonché il blocco delle grandi opere pubbliche sono tutte scelte frenanti e inutilmente dispendiose che invece hanno creato solo diffuse irritazioni da parte d’una larga parte dei cittadini. La politica alla “Pancho Villa” non porta da nessuna parte.
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