Clima, storica sentenza della Corte dell’ONU: un ambiente sano è riconosciuto diritto umano
di Simone Galdi
La Corte internazionale di giustizia afferma che gli Stati possono essere ritenuti responsabili per i danni causati dal cambiamento climatico
La Corte internazionale di giustizia ha stabilito in un parere storico che un ambiente pulito, sano e sostenibile è un diritto umano, aprendo la strada a responsabilità legali per gli Stati che non agiscono contro il cambiamento climatico.
Parere consultivo – La pronuncia della Corte suprema delle Nazioni Unite, contenuta in oltre 500 pagine, è di natura non vincolante ma è considerata un potenziale punto di svolta nel diritto internazionale. Il parere stabilisce che i governi hanno obblighi giuridici nel contrastare il cambiamento climatico e che il mancato adempimento di tali obblighi può configurarsi come un atto illecito sul piano internazionale.
Responsabilità degli Stati – Secondo il presidente della Corte, Yuji Iwasawa, “il mancato intervento di uno Stato per proteggere il sistema climatico può costituire un atto illecito internazionale”. I giudici hanno inoltre affermato che i Paesi maggiormente colpiti dai cambiamenti climatici potrebbero avere diritto a un risarcimento, da determinarsi caso per caso. Tale affermazione apre nuovi scenari per la richiesta di indennizzi da parte di Stati vulnerabili nei confronti di quelli maggiormente responsabili delle emissioni.
Diritto umano – “Il diritto umano a un ambiente pulito, sano e sostenibile è quindi intrinseco al godimento degli altri diritti umani”, ha dichiarato Iwasawa, sottolineando la centralità del clima per la tutela della salute, della sicurezza alimentare, dell’accesso all’acqua e della dignità umana. Il riconoscimento formale di questo diritto consente nuove possibilità di azione legale, sia a livello nazionale che internazionale.
Effetti potenziali – Sebbene non vincolante, il parere della Corte potrebbe essere utilizzato nei tribunali nazionali e in ulteriori istanze internazionali. Gli attivisti, per esempio, potrebbero farvi riferimento per sostenere azioni legali contro i propri governi. Inoltre, gli Stati potrebbero rivolgersi alla Corte internazionale per richiamare altri Paesi alle loro responsabilità ambientali.
Limiti del diritto – Il presidente della Corte ha però chiarito che il diritto internazionale, pur avendo “un ruolo importante”, non è sufficiente da solo per affrontare l’emergenza climatica. “Una soluzione duratura richiederà il contributo di tutti i campi del sapere umano per garantire un futuro a noi stessi e a coloro che verranno dopo di noi”, ha affermato Iwasawa, richiamando alla necessità di un impegno collettivo che coinvolga governi, scienza, economia e società civile.
Contesto giuridico – Il parere consultivo è stato richiesto all’ONU da un gruppo di Stati insulari del Pacifico, tra i più esposti agli effetti del riscaldamento globale. In particolare, si chiedeva chiarimento sugli obblighi degli Stati in materia climatica e sulle conseguenze giuridiche del loro inadempimento. La Corte ha risposto affermando che tali obblighi esistono e sono parte integrante del diritto internazionale vigente.
Prossimi sviluppi – La decisione della Corte potrebbe influenzare futuri negoziati climatici e incoraggiare l’adozione di normative più stringenti a livello nazionale. Intanto, cresce l’attenzione sugli strumenti legali a disposizione per affrontare l’emergenza climatica, in un contesto internazionale sempre più orientato alla responsabilizzazione degli Stati.
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