"Cavalleria rusticana – Pagliacci": dittico verista al teatro Carlo Felice
di Claudio Cabona
In scena a partire da venerdì 24 con repliche fino al 30 maggio
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Cavalleria rusticana – Pagliacci, il dittico verista su musiche, rispettivamente, di Pietro Mascagni e Ruggero Leoncavallo, torna al Teatro Carlo Felice, dopo l’ultima rappresentazione del 2007, a partire da venerdì 24 – ore 20.00, con repliche fino al 30 maggio 2019. Cavalleria rusticana: una schietta vicenda di passione, gelosia e tradimento, ambientata in un paesino siciliano di fine ‘800, che si conclude con un delitto d’onore. Il 17 maggio 1890, quando al Teatro Costanzi di Roma debuttò Cavalleria rusticana, Pietro Mascagni fu il primo a stupirsi del successo.
Sul podio, a dirigere l’Orchestra e il Coro del Teatro Carlo Felice, sarà l’abile bacchetta di Paolo Arrivabeni (24, 25, 26), Direttore Musicale dell’Opéra Royal de Wallonie di Liegi dal 2008 e specialista del repertorio operistico italiano, che si alternerà con Giuseppe Finzi, un direttore italiano della nuova generazione con molta esperienza nel campo dell’opera. Il Teatro Carlo Felice, in coproduzione con la Fondazione Maggio Musicale Fiorentino, ha affidato la regia del dittico verista per eccellenza ai Teatrialchemici dei siciliani Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi, impegnati da sempre nel teatro sociale e di ricerca, registi, nella scorsa stagione, di una Norma che ha conquistato pubblico e critica.
Era proprio ciò che il pubblico voleva: non una finta ricostruzione storica ambientata in una corte lontana e inaccessibile, ma una storia vera appartenente a un contesto sociale più vicino come quello popolare. Con una musica semplice e genuina. Due anni dopo, al Teatro dal Verme di Milano, va in scena la prima di Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, uno spettacolo ancora più crudo e brutale. Con in più un conflitto quasi pirandelliano tra teatro e vita: protagonisti sono i clown, condannati a far ridere in una situazione in cui non c’è nulla da ridere. Le armonie ruvide, brusche, e le sgangherate melodie da fiera evocano un contesto provinciale squallido, popolato di persone emarginate e infelici. Due opere gemelle, da sempre accoppiate, per la forte impronta comune verghiana, che mette in scena il dramma intimo di personaggi ‘“vinti”.
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